Razzismo, xenofobia, furbonate

Xenofobia è una parola difficile e poco usata, con quella x per cominciare e quello xeno da gas raro. Razzismo è una parola molto più facile: non solo è palesemente condannata dalla storia e possiede un’aura funesta da Olocausto e KuKluxKlan, ma l’aggettivo corrispondente, razzista, è facilmente omologabile ad altre parole con valore offensivo: fascista, sessista, machista, sciovinista, assenteista, fancazzista, buonista e così via. Così, se dobbiamo esprimere vivamente il nostro sdegno per comportamenti che vanno in quella direzione, diremo che il nostro ministro degli interni è razzista, non che è xenofobo. E invece ha ragione lui, col suo compare, e in Italia non c’è pericolo razzismo.

La xenofobia esiste da lungo tempo: è la paura del diverso, che può andare dalla semplice diffidenza alla violenza sanguinaria. Non c’è bisogno del razzismo per essere xenofobi: quando un Bolognese dà degli stupidi ai Modenesi sta esprimendo una tradizionale (piccolissima) xenofobia. La razza non c’entra proprio nulla. Eppure otto secoli fa ci massacravamo allegramente tra vicini, e dare del modenese a un Bolognese (o viceversa) era un’offesa grave.

L’idea di razza nasce tra sei e settecento, mi pare (ma per i dati precisi e una magnifica serie di informazioni e approfondimenti in materia, il liro da leggere è quello di Maurice Olender, Razza e destino, Bompiani, che ho avuto la ventura di tradurre qualche ano fa), e soprattutto riceve dalla scienza ottocentesa una patente di oggettività, di cui è molto interessante ricostruire la storia – anche per capire quanto valgano le Grandi Verità scientifiche. Ai primi del Novecento, il razzismo non era un’ideologia vergognosa: era quello che era considerato un dato di fatto, perché la scienza aveva dimostrato che le razze umane esistevano.

Più discusso era se questa distinzione autorizzasse a ritenere che vi fossero razze superiori e razze inferiori, ma la scienza dava risposte pure a questo, e la famosa teoria dell’asse del profilo del volto (quasi verticale negli europei, molto diagonale nelle scimmie, un po’ diagonale negli africani) dimostrava ai più che i negri erano certamente una via di mezzo tra gli umani e le scimmie. Non tutti – va detto – ci cascavano; ma per i più si trattava di una verità dimostrata.

Viste le conseguenze storiche, specie in Germania, non si poteva continuare dopo la metà del Novecento a sostenere la superiorità o inferiorità delle razze. L’idea stessa che vi siano delle razze umane era diventata pericolosa. L’idea di razza è quindi stata dimostrata infondata dalla scienza, che oggi può provare con la stessa infallibile certezza (che prima aveva in senso inverso) che le razze umane non esistono. Mi fido poco di questa conclusione perché non sembra avere molto più valore della precedente, che andava in senso inverso. Il punto è che razza è una parola non così facile da definire tecnicamente ed esattamente; insomma, ci metti dentro un po’ quello che vuoi: può darsi che la razza per come la intendevano gli scienziati dell’Ottocento esistesse davvero, e che per come la si intende oggi non esista affatto. In ogni caso è la parola stessa che è pericolosa: i cani e i cavalli se ne fregano delle razze, e scopano tranquillamente in maniera interraziale. Sono i loro padroni a preoccuparsi della purezza della razza, per motivi di prestigio e di valore economico. A seconda di quello che devo fare con cani e cavalli, o con umani, sarò più o meno interessato a pensarli in termini di razze. In ogni caso, quando si parla di razza non si parla di soggetti, ma di oggetti; non di scambio tra eguali, ma di sfruttamento tra diseguali.

Ma lasciamo questi discorsi astratti, e torniamo alla realtà della comunicazione di massa. Abbandonata dalla scienza, l’idea di razza oggi non affascina più nessuno, e tutti sanno che razzista è un’offesa pericolosa. Non c’è però bisogno di essere razzisti per essere xenofobi. La parola etnia (che è talmente vaga da non voler dire nulla, ma ha una patina di scientificità data dal fatto che esiste persino una scienza che si chiama etnologia) è oggi un pericoloso sostituto della parola razza: è persino una parola simpatica, e tutti ascoltiamo la musica etnica, andiamo a cene etniche ecc. Inoltre, mal si presta a esser base di parolacce e insulti: sfido chiunque a coniare la parola etnista per deprecare qualcuno. La differenza che prima era di razza oggi è di etnia; e non c’è bisogno di alcun avallo scientifico. Anzi, in epoca di scie chimiche,  di antivaccinisti e di vegani, meno è scientifico e meglio è, perché la scienza puzza ormai di multinazionali, e l’antiscientificità possiede quel bell’odore rustico di capre, tradizionale e rassicurante, che piace molto ai nostri due partiti di governo.

Ecco perché Salvini ha ragione a dire che in Italia non c’è nessun rischio razzismo, e ha ragione l’altro a dargli ragione. Hanno ragione perché è vero, ma è anche vero ed evidente che si tratta di una furbonata. E purtroppo siamo noi, proprio nel nostro sdegno, che diamo loro il terreno per furbonate come questa. Finché si accusa Salvini e i suoi di essere razzisti, essi hanno del tutto ragione a dire che non è vero. Infatti non sono razzisti; sono xenofobi, di quelli tradizionali, di pancia, con tanto di odore di capre attorno (con tutto il rispetto per le capre vere, di cui apprezzo persino l’odore).

Insomma, lo sdegno va bene, è doveroso. Questa gente ci sta rovinando in almeno due modi: in primo luogo inventandosi un nemico che non c’è, e rivolgendo verso quello delle risorse che andrebbero invece utilizzate per la convivenza civile; in secondo luogo, distraendo l’attenzione dai problemi reali, come fanno le dittature quando incominciano a pencolare, e si inventano una guerra delle Malvine per nascondere le magagne e portare tutti dalla stessa parte. Lo sdegno va bene, ma definire questa gente razzista è un po’ come riconoscere che noi non capiamo che cosa sono davvero, e insistere con un’accusa che non li tocca, perché è sbagliata.

Insomma, che fare? In verità non lo so, ma di sicuro non questo. Le parole col tempo si consumano, e anche le offese perdono la punta. Razzista è spuntatissima, e non serve più a niente.

p.s. Avevo già affrontato questo tema qui, qualche anno fa, parlando più specificamente di antisemitismo.

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di Daniele Barbieri

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