Pensierini sulla storiografia fumettistica
Sto terminando il mio primo corso di Storia del fumetto, all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Quello che più mi è costato fatica è stato raccogliere le immagini da mostrare. Per fortuna e per disgrazia esiste il Web. Per fortuna, perché rispetto ai tempi per scansionare dalla carta quelli del rinvenimento sul Web sono molto minori. Per disgrazia, perché per questa medesima ragione si è facilmente colti da una sorta di bulimia, e le immagini sembrano non bastare mai.
In effetti non bastano mai. Anche se a lezione su moltissime sorvoli, poi ti raccomandi con gli studenti (a cui le immagini vengono poi fatte avere) di guardarle tutte con attenzione. Non si impara la storia del fumetto senza guardare innumerevoli figure. In verità bisognerebbe leggere innumerevoli storie, e con questo guardarne ovviamente anche le figure. Però più di tanto agli studenti del primo anno non si può chiedere, e andrebbe già bene se si leggessero un po’ di storie (qua e là sono riuscito a metterne di intere, o grossi stralci), riuscendo comunque a riconoscere gli stili grafici, almeno per epoca e paese.
In sostanza, è stata una sfacchinata. Alla fine sono più di seimilacinquecento immagini. Ma è stata anche un’avventura visiva e un grande ripasso: per ogni immagine, ogni volta che potevo, ho cercato l’anno e il titolo della serie o della storia – oltre agli autori, ovviamente. Preso dalla verve storiografica, mi sono trovato anche a riflettere sul senso del fare storia del fumetto – non solo per insegnarla a un primo anno di Accademia, ma in generale…
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