PAOLA SILVIA DOLCI – I PROCESSI DI INGRANDIMENTO DELLE IMMAGINI – NOTA CRITICA DI DANIELE BARBIERI
Nel 1929, l’esperienza di un viaggio in America porta Federico García Lorca a scrivere Un poeta en Nueva York. È un libro molto diverso da quelli che ha scritto prima, e vi si susseguono e accavallano immagini molto dure e molto forti, con accostamenti di senso imprevedibili. Viene considerata un’opera surrealista, probabilmente il miglior prodotto del Surrealismo spagnolo.
È lo stesso anno, quello, in cui, in tutto un altro mondo, Frida Kahlo sposa Diego Rivera e inizia di fatto la sua carriera di pittrice. Il suo soggetto, nei venticinque anni successivi, sarà con grande frequenza un’immagine straniata di se stessa, un vedersi da fuori che permette di guardarle dentro. Anche la sua, in generale, è considerata un’opera surrealista, probabilmente il miglior prodotto del Surrealismo messicano.
Tra le tante citazioni che attraversano il libro di Paola Silvia Dolci, I processi di ingrandimento delle immagini, non compaiono né il poeta spagnolo né la pittrice messicana, e nemmeno si potrebbe davvero dire che lo stile di questo libro vada ricondotto ai loro. Eppure c’è qualcosa, nel procedimento di Dolci, che può essere ricondotto ai loro procedimenti, o forse qualcosa che rimanda a quelle atmosfere. Non è certo solo il fatto di iniziare a New York, anche se pure questo qualche suggestione in merito la crea. È piuttosto, soprattutto, l’amore per gli accostamenti inaspettati, e spesso sorprendenti, con immagini a volte violente, ma soprattutto violente relazioni tra concetti che si trovano vicini e resi vividi proprio da questa vicinanza…
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