Così Calvin ricomincia da zero
Il Sole 24 Ore, 13 ottobre 1996
La notizia, di qualche mese fa, che Bill Watterson aveva smesso di disegnare Calvin & Hobbes, è di quelle che lasciano i lettori confusi e scontenti. Certo, come dargli torto, dal punto di vista personale? La vita di un autore di comic strip deve essere veramente uno stress: sei strisce originali più una storiella di una pagina ogni settimana. Per quanto originali si possa essere, e per quante variazioni permetta il tema, dopo dieci anni, tremilacentoventi strisce e cinquecentoventi pagine autoconclusive, si ha il diritto di essere stanchi del proprio personaggio – anche se ci ha portato fama e ricchezza!
E tuttavia l’abbandono di Watterson fa notizia. Calvin & Hobbes è nota come la striscia più originale che parli di bambini dopo i Peanuts di Charles M. Schulz, e Schulz continua a disegnare Snoopy e Charlie Brown da oltre quarant’anni. Ma Watterson non è il primo ad abbandonare: si inserisce in una tendenza di cui fanno parte anche altri autori della sua generazione, come Garry Trudeau (autore di Bloom County e del pinguino Opus) e Gary Larson. La tendenza preoccupa: nel giro di pochi anni hanno abbandonato il campo una larga maggioranza proprio di quei disegnatori di comic strip e vignette che si erano meritati il successo per innovatività e arguzia. E la motivazione è comune a tutti: “sono stanco”.
Mentre, con rammarico, ci rassegnamo a non poter più leggere strisce nuove di Calvin & Hobbes (così come era accaduto con quelle di Bloom County, e con le vignette di The Far Side) gli editori provvedono tempestivamente a consolarci. La rivista Linus, su cui la striscia di Watterson è pubblicata quasi da quando è nata, non ne ha interrotto l’uscita neppure per un mese, passando direttamente dalle strisce del 1996 alla riproposizione di quelle del 1986. E queste medesime strisce iniziali ci vengono proposte anche in volume dalla casa editrice Comix.
Scopriamo così che, al di là di qualche incertezza nel disegno – che scompare comunque molto rapidamente – il mondo umoristico di Watterson è completo ed esilarante sin dal primissimo inizio. Il rapporto tra il bimbo Calvin e il suo tigrotto di pezza Hobbes è già quello che, negli anni successivi, si svilupperà in innumerevoli variazioni. Hobbes è il vivissimo compagno di giochi e di malestri del bimbo (con un pizzico di ragionevolezza in più del suo padrone), salvo quando viene visto dagli occhi degli adulti, i quali lo vedono per quello che è, un inerte pupazzo. Calvin è il bambino che vede il mondo attraverso la lente deformante della propria dilagante fantasia, facendo disperare i genitori che ovviamente non capiscono mai che “un tirannosauro non può mangiare gli spinaci”, o che la camera da letto, di notte, è piena di terribili mostri.
Per chi non lo conosce, Calvin & Hobbes non è una comic strip per bambini, pure se – e con un certo successo – è stata proposta anche su riviste per l’infanzia. E’ semmai, una striscia che riflette (mi si perdoni il termine, e la sua – in questo contesto – un po’ grottesca seriosità) sulla capacità di interpretare il mondo con fantasia, e sul rapporto degli adulti con l’immaginario dei bambini. Non escludo che se ne possa fare anche un proficuo uso pedagogico: ma non sarebbero i bambini i destinatari di questo uso.
Bill Watterson, Calvin & Hobbes, Comix, Modena
128 pp. £.19.000
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