Attraverso la finestra
E rieccoci alle mie amate geometrie. Evidentemente questa immagine mi piace perché amo Mondrian, ma mi piace anche perché detesto il suo ideologico purismo.
Attraverso la finestra si vedono geometrie ortogonali, ma anche la finestra stessa, e un’altra finestra che le fa eco. E poi si vede la grana dei muri, delle vernici e dei metalli; e quel cespuglio per nulla mondrianiano che cresce attorno a quei tubi anche loro per nulla mondrianiani. E poi c’è quel rametto luminoso che spunta da sinistra, unico oggetto carico di luce di sole; ma la cui luminosità trova subito eco nei riflessi (di finestre?) sul muro giallo in basso a destra.
E infine ci sono gli spazi: quello (il mio) della stanza da cui scatto, rivelata dalla finestra; quello limite della finestra stessa; quello aereo intermedio, dove si slancia il rametto; quello dei muri, della terrazza intuita; e poi, ancora, l’altro spazio limite dell’altra finestra; e quello del suo interno; e poi? E poi è buio: è una porta chiusa o una soglia aperta quella che si intravede?
C’è una storia raccontata qui? È generica e vaga, ma c’è: molte cose potremmo dire di questo luogo solo guardando ciò che vediamo. Ma non sarebbe così interessante, forse, o almeno non lo sarebbe ai miei occhi, se l’intersecarsi delle geometrie ortogonali non mi riportasse questa immagine a un universo figurativo che è il mio, con cui vivo in ammirazione e in polemica.
(dimenticavo: presa qui)
Dettagli (11)
Più che un dettaglio spaziale, questa foto coglie un dettaglio temporale, di quelli che l’occhio nudo non può vedere, perché ci vuole l’eternizzazione dell’attimo colto dall’obiettivo per poterlo osservare con tanta cura.
Non è un parabrezza sporco. Quella che state guardando è invece acqua, sospesa nell’aria. A pochi metri da me una forte onda si è schiantata sulla massicciata che protegge la strada. Io sono, incredibilmente, all’asciutto (o quasi).
C’è qualcosa di festoso, in questa inutile dimostrazione di forza…
La casona sul mare
Questa casa degli spiriti si trova qui. Se la fissate un poco, potrà sembrare anche a voi che sia pure lei a fissarvi. Quel muro è, cromaticamente, bellissimo. Gli spalti, o contrafforti, ai due (quattro) angoli, la rendono qualcosa di più di una semplice casa, facendola già leggermente propendere per la dimensione del castello.
È evidentemente disabitata, eccetto per gli eventuali spiriti, recintata, probabilmente cadente. Ma non è del tutto trascurata: in alto, subito sotto il tetto, ci sono macchie di cemento fresco che dimostrano interventi umani recenti per tenerla su. Spero che sia una sorta di monumento, pubblicamente accudito, destinato a rimanere in questa condizione sospesa per sempre.
Pensate a cosa ne sarebbe se una famiglia americana la comperasse e restaurasse, per farne una casa delle vacanze sul mare, con bella vista e bel giardino! Siamo fatti strani: le cose che ci piacciono sono quelle che stanno percorrendo la propria storia, ma pretenderemmo ugualmente che il momento in cui le cogliamo non debba passare mai.
Dettagli (10)
Questo Dettaglio riguarda evidentemente le sfumature, l’acqua, la luce, e la sorpresa dei colori improbabili.
Essendo fresco di scatto, non posso davvero escludere di essere invaghito più del soggetto che dell’immagine, vedendoci qualcosa che solo io ci posso vedere. Ma spero di no.
La spiaggia
(ingrandire per comprendere, meglio se al massimo)
Giusto perché siamo in agosto, giusto perché la memoria di questo luogo ideale mi è fresca, giusto perché l’idea di una spiaggia ideale può essere diversa per ognuno di noi, metto qui questa foto di acqua diafana, di un luogo che mi dava l’impressione ricorrente di essere sul set delle figure di Nell’acqua, di Lorenzo Mattotti (ma lui, interrogato in merito, ha negato di esservi mai stato – quindi è tutta una proiezione mia).
Giusto per farvi invidia, giusto per farmi tristezza, visto che io sono qui, davanti al computer, a casa mia; e non lì, a vivere di quello che mi vedrei davanti.
(in alternativa, potrei anche tagliarla così)
La spiaggia (2)
I camini
Questa foto è stata scattata nello stesso luogo di quest’altra. E il mio sguardo evidentemente mirava in alto.
Ma c’è qualcosa di antropomorfo in questi camini, che sembrano quasi avanzare, venirmi incontro. E poi c’è la luna, che allude a tante cose.
Tra queste c’è ovviamente lo spazio, e la mia testa corre, per associazioni fantascientifiche, a un vecchio romanzo di Stanislaw Lem, in cui il protagonista su un pianeta lontano incontra una razza aliena; ma è così aliena che lui non li riconosce, e solo alla fine forse capisce che i suoi alieni sono quella specie di camini che sbucano dal terreno. Non ne ricordo il titolo, e magari mi ricordo pure male quello che accade. Però questi camini sono per me gli alieni di Lem.
Il caldo fa strani scherzi.
Dettagli (9)
Non c’è dubbio che, essendo stagione di mare, siate stati colpiti prima dal soggetto che dalla composizione. Da questo punto di vista, là dove questa foto è stata presa questo era anche uno dei punti di minore densità di meduse.
Ma al di là dell’horror balneare, quello che mi piace qui è questo effetto naturalmente flou, specie verso sinistra – ma anche la disposizione complessiva delle macchie di colore. Se uno non ci deve nuotare in mezzo, le meduse sono oggetti bellissimi; un quadro in perpetuo movimento.
Dettagli (8)
Non sono davvero sicuro di sapere perché questa foto mi piace. L’ho scelta istintivamente tra un gruppo di immagini abbastanza simili, scattate su uno stradello non asfaltato.
Sarà quella macchia di sole, o la disposizione dei sassi.
Magari piace solo a me. Se piace a qualcun altro potrebbe darmi qualche suggerimento?
La siepe, il cielo
Magari, a guardare una foto come questa, si può avere la presunzione di capire che cosa ci trovasse Mondrian (e noi con lui) in quelle sue righe monotone orizzontali e verticali. Qui c’è molto di più (quanto a dettagli) e probabilmente assai di meno (quanto a composizione). A me (che sono un critico parziale e inattendibile, essendo pure l’autore della foto) piace il contrasto tra i chiari e gli scuri, in particolare nel dettaglio dei due pali, che mi sembra riassumere, in piccolo e in verticale, il senso che, nell’immagine nel suo insieme, risulta dal grande e dall’orizzontale.
Quello che Mondrian non può ottenere, e che qui c’è, non dipende gran che da me. Io mi sono limitato a registrare quello che vedevo, il silenzio del luogo, l’uccello posato per un attimo sul filo, la laguna (o mare) là in fondo.
Dettagli (7)
Già la spirale di per sé è una forma piuttosto affascinante. Qui la si vede bene nella conchiglia più in alto. La spirale è un vortice, che evoca una traslazione dal macrocosmo al microcosmo, o viceversa, a seconda di come la si percorre; e, comunque sia, ci si sente trascinati a percorrerla. È quindi una forma diabolicamente dinamica, e di conseguenza inevitabilmente simbolica.
Trovarne tante qui, immobili, nella luce calda e ferma del sole, incarnate nell’emblema stesso della lentezza, con questa materia così concreta e solida, con il legno del palo, e persino un ricciolo di cacca di chiocciola… insomma, c’è davvero un bel salto implicito, dall’astrazione inquietante al concreto quotidiano, e viceversa.
Non so se queste lumache qui siano buone anche da mangiare. Ma che cosa succede, a livello simbolico, quando si mangia il contenuto di una spirale?
Luoghi simbolici
Le finisterrae sono luoghi evocativi per loro stessa natura, luoghi simbolici che rappresentano l’estremo, la fine, il punto oltre cui non si può andare. Tanto più lo sarà la finisterrae estrema di un paese in cui i simboli contano molto, come questa.
Vivekananda, Tiruvalluvar, e poi non ricordo che altro ancora: i simboli si accumulano naturalmente in un luogo così simbolico. Ci sono persino le ceneri di Gandhi disperse in quell’acqua lì.
Di questa foto a me piace la prospettiva, con il punto di fuga verso sinistra, con il conseguente disporsi dei monumenti in un ordine umano, l’ultimo di fronte al mare, che qui davanti è davvero senza fine. E poi mi piace quel gruppetto di persone che sta lì, a guardare, ad assorbire la potenza simbolica del luogo.
È sempre pieno di turisti indiani questo posto. Gli occidentali sono pochi. In realtà non c’è gran che da vedere, per un turista, specie se occidentale in cerca di meraviglie. È solo la potenza simbolica che è straordinaria.
Dettagli (6)
Anche qui, quello che mi rende interessante questa foto è il contrasto tra natura e cultura: il reticolo artificiale stampato nella terra, con le foglie e gli altri residui.
Stampato, ma con una serie di leggere irregolarità: la natura interpreta a modo suo le razionali geometrie umane.
La casa arancione
Naturalmente, vivere in una casa come questa sarebbe davvero un sogno; non ho ancora capito se un bel sogno, però, o un brutto sogno. Persino i colori delle scale gialle e del tendone azzurro stanno al gioco degli eccessi (o di quelli che a noi appaiono tali). D’altra parte, questi sono anche i colori di cui si vestono le donne, qui in zona; e se vestono una donna con eleganza, perché non un’abitazione?
In ogni caso, non è un luna park. È una cosa seria / una casa seria. E la foto comunque mi piace anche come costruzione plastica, con la grande area arancione a destra (e la finestrina in alto), che si trova interrotta, a sinistra, dai dettagli scuri, viola, azzurri e gialli. Il tutto poggia su un basamento chiaro, grigiastro. Le linee che sembrano rette, convergenti per la prospettiva dal basso, in verità non lo sono tutte quante.
Ho fatto la prova, con Photoshop, ad aumentare la saturazione di questa foto al massimo, e quasi non è cambiata! Questi colori sono già saturi così.
Comunque, se avete ambizioni immobiliari, la potete trovare (credo) qui (o comunque nella stessa città).
Dettagli (5)
Non so. Cosa mi piace qui? Probabilmente il secondo piano con l’erba sottile che emerge sotto il primo piano con la felce. Ciascuno dei due piani ha il suo specifico verde, e la sua specifica organizzazione plastica. È un po’ come se si vedessero, l’una attraverso l’altra, come due società diverse, con diversi modi di organizzarsi – ma forse, anzi sicuramente, sto andando un po’ in là…
Mattoni, tegole, grondaie
Questa città invisibile mi è molto familiare e molto cara. Di questa immagine in particolare mi piace la giustapposizione dei piani, i colori diversi dei mattoni, quelli delle tegole e quelli delle grondaie, e poi il fatto che, dopo il primo sguardo, ci si accorge che di linee davvero orizzontali e verticali ce ne sono proprio poche. Tutto è lievemente inclinato. Forse è questo che fa la differenza tra il funzionalismo del Quattrocento e quello di mezzo millennio dopo.
Dettagli (4)
Diciamo che questo Dettaglio si potrebbe intitolare “Impronte”, e che c’è un intero universo di vite differenti rinviato da questa immagine.
Dai tetti
Stessa situazione che in questa foto, in questa e in questa. Stessa confusione, stesso fervore diffuso, con la gente persino sui tetti. Ma i tetti sono così piccoli, che per contrasto gli uomini sopra di loro sembrano enormi.
Qui le geometrie sono triangolari, piramidali. Tutto sale: la gente, le case, il nostro sguardo…
Però, salendo, tutti gli sguardi e gli andamenti vanno verso sinistra. Le geometrie, viceversa, spingono il nostro sguardo verso destra. Noi siamo gli osservatori, le persone ritratte i protagonisti. È giusto non confonderci troppo?
Dettagli (3)
Il Dettaglio di oggi ha qualcosa di inquietante e innaturale, forse per questo accostamento di acqua e bruciore luminoso, di fango e nuvole, di erba e di quest’acqua che sembra un velo di plastica.
Davide Riboli - Urbino Maggio 2012
Non l’ho scattata io questa foto, ma il mio collega dell’ISIA di Urbino Davide Riboli, dal piazzaletto che funge da parcheggio all’istituto. È stata scattata con un iPad, il che giustifica la bassa risoluzione e la scarsa messa a fuoco di alcune parti.
Tuttavia, a ben guardare, questa scarsa messa a fuoco fa parte del fascino dell’immagine, che, così com’è, sembra quasi più un dipinto che una foto. Il paesaggio di fronte a Urbino, dal lato del Monastero di Santa Chiara (sede dell’ISIA) è comunque sempre un paesaggio leggendario, tra i più fantastici che si possano vedere – e sembra in ogni caso tratto da un dipinto medievale. Ma l’altra mattina Davide l’ha colto in un momento che lo rendeva ancora più particolare, con questo alternarsi di zone di luce e di ombra e con questo rispecchiarsi dell’ondeggiare verde chiaro e verde scuro della terra nel balenare grigio chiaro e grigio scuro del cielo.
A questo mondo raffigurato già di per sé così fascinoso, la sfocatura della foto aggiunge un effetto come di pennellate da dipinto ottocentesco, da macchiaiolo, quasi l’avesse dipinto Giovanni Segantini o Silvestro Lega – in particolare in quelle bellissime macchie di fiori (credo) sulla destra, con, sotto, il verde luminoso del cespuglio e, sopra, il verde scuro della collina lontana. Però, pur vedendo la mano di un pittore, si continua ancora a percepire che è una foto, e quindi si oscilla tra la percezione di un’immagine fotografica e quella di un dipinto – con differenti universi di riferimento evocati.
A chi devo attribuire il merito di questa immagine così intrigante? A Davide che, con lo strumento che aveva a mano, ha visto la scena, e ha comunque scelto l’inquadratura e l’attimo giusti? All’iPad e alla sua imperfezione? Al paesaggio urbinate? Al caso o alla combinazione di tutto questo?
Davide l’aveva poi postata su Google+, e lì l’ho trovata. Una volta le belle immagini finivano a decorare i muri delle nostre case. Per adesso ne ho fatto lo sfondo del desktop del mio computer. Fascinosa, ma persino un po’ inquietante, devo dire!
Dettagli (2)
Ci si dovrebbe domandare chi sia il collezionista ossessivo che ha sistemato un sassolino colorato in ogni anfratto. Una volta che si sa che c’è il mare vicino vicino, la domanda perde senso – ma l’immagine no.
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