Della foto di una montagna azzurra

La montagna di aria e acqua

La montagna di aria e acqua

Questa montagna è fatta di aria e di acqua. Se ingrandite la foto, emergono i dettagli, ma l’illusione scompare.

Se la mantenete sufficientemente piccola, l’illusione della montagna azzurra contro il cielo verde si mantiene a sufficienza.

Il bello di una illusione così, è però proprio il suo essere effimera, e di potersi immediatamente confrontare con la subito sottostante realtà delle cose: uno specchio d’acqua bassa, in cui si riflette non la montagna, bensì il suo converso, la valle.

Restando nell’immagine piccola, alla prima illusione se ne sovrappone una seconda, non del tutto coerente con la prima: dietro al cespuglio in primo piano ha inizio una sorta di prateria, che poi sale verso l’alto in distanza, perdendosi nella prospettiva aerea dell’azzurro dell’aria. C’è anche una nuvola che scende. Ma poi c’è quell’altro cespuglio, che contraddice l’illusione, e il cielo verde scuro, che la nega del tutto.

Insomma, distinguiamo la realtà dall’illusione perché noi già sappiamo come deve essere fatta la realtà, e rifiutiamo l’illusione perché ci presenta una realtà incompatibile con quello che sappiamo. Però ci piacciono le illusioni, quando ci piace che ci venga suggerito che la realtà potrebbe anche essere diversa da quello che già sappiamo. I principi di conservazione e di tendenza al cambiamento che sono impliciti in questa dialettica sono ciò che ci fanno esistere, in fin dei conti.

Per fortuna possiamo accorgerci che la montagna azzurra è illusoria. Per fortuna possiamo illuderci per un attimo che ci possa essere davvero.

(presa qui)

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Di una foto di dettagli (21)

Dettagli (21)

Dettagli (21)

È un semplice acciottolato. I colori non sono stati manipolati, anche se, certo, la macchina fotografica stessa tende a enfatizzare delle differenze cromatiche che comunque la realtà inquadrata possiede.

Qui, quello che mi colpisce è questa trasformazione del colore nelle varie zone della foto, che allude a un modo complesso di distribuzione della luce qui attorno. Quali oggetti, quali muri circostanti riflettono diversamente la luce in modo da dare ai sassi quei colori?

Così diversamente colorati, i sassi sembrano disporsi a creare strane forme, costellazioni, configurazioni, quasi un piccolo Pollock fotografico di pietra (si parva licet componere magnis).

 

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Di una foto con varie contraddizioni

Il campanile, il minareto e le barche

Il campanile, il minareto e le barche

Questa foto mi piace perché gioca su diverse sorprese. Scorrendola dall’alto in basso, come è inevitabile fare qui, si vede prima la punta del minareto contro le montagne (Marocco, Turchia? comunque un paese islamico montagnoso), poi il campanile cristiano (ancora un paese islamico? forse no. Sospendiamo il giudizio), poi i muri un po’ fatiscenti della città, poi le insegne dei ristoranti (a questo punto il paese diventa ovvio: è Grecia), e infine le barche e l’acqua del mare, anzi del porto.

Campanile e minareto, montagne e mare, case e barche. I suggerimenti sono contraddittori, ma poi, in fin dei conti, possono ben stare insieme. Il minareto è rimasto, per fortuna, vista la sua bellezza. Ma l’edificio sottostante è tornato cristiano, e ai Greci i Turchi non sono molto simpatici nemmeno oggi. Che minareto e campanile insieme siano un messaggio per la convivenza delle religioni, qui, in realtà, è semplice apparenza. Soltanto montagna e mare ci sono tutti e due per davvero.

La situazione storica di fatto nega il messaggio simbolico. È questa la contraddizione più forte di questa foto.

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Di una foto di dettagli (20)

Dettagli (20)

Dettagli (20)

Ci sono tanti verdi in questa foto, chiari, scuri, brillanti, opachi. E poi c’è un solo dettaglio rossiccio, proprio al centro.

Le linee principali, a parte qualche verticale, sono quelle della collina, che vanno verso l’alto a destra. E poi c’è la linea dei fili della luce, unico dettaglio bianco, che va verso il basso a destra, indicativamente ortogonale alle altre.

Forse per questo mi piace questa immagine: la dinamica diagonale delle masse, e il monocromatismo verde contraddetto in una dialettica centro/non-centro.

La trovo un’immagine molto ritmica, e insieme una metafora della solitudine, ma una solitudine felice, direi.

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Della foto di un’altana blu

L'altana blu

L’altana blu

L’altana, a essere precisi, sarebbe azzurra, ma “altana azzurra” mi sembrava un’espressione troppo poetica, un po’ da imbonitore. Blu è più sobrio. Questo non toglie che il colore di questa altana sia molto simile a quella del cielo che la sovrasta, e anche questo fa parte dell’interesse di questa immagine.

L’immagine è costruita con tre colori, fondamentalmente: il blu di altana e cielo, il bianco-grigio dei panni e del muro a sinistra, il bianco dorato delle arelle e del muro a destra. Il contrasto principale è quello tra blu e oro.

Si tratta di un contrasto antico, vecchio quanto l’epoca in cui i cieli dietro ai santi nei dipinti era d’oro e non azzurro, perché il cielo doveva rappresentare la gloria. Qui, viceversa, l’effetto dorato è ottenuto solo dalla luce del sole basso su un muro sporco, e non ha nulla di glorioso. Glorioso è semmai il cielo, con il suo blu compatto, a cui fa eco il colore dell’altana.

Però, a sua volta, il blu dell’altana è scrostato, e diventa d’oro là dove è caduto. Insomma, per un verso o per l’altro, che sia azzurro o che sia d’oro, qui tutto è glorioso, come si conviene a ciò che sta in alto.

Peccato che qui sia però anche tutto sporco, un po’ cadente, rappezzato e casalingo. Persino i fili tesi attraverso l’aria riescono a essere storti e rappezzati. I panni stesi e la vernice data in maniera approssimativa sul muro a sinistra completano il quadro, essendo casalinghi del tutto, senza redenzione.

Eppure, questa generale quotidianità, normalità, odorosa di legno vecchio e di bucato, non smette di rinviare a strutture ortogonali, razionali, rigorose, che vorrebbero – insomma – essere rettilinee e ideali. C’è un mondo delle idee (iperuraneo, quindi pertinente all’alto) che viene evocato proprio mentre se ne mostra la versione terrena; proprio come c’è una gloria che viene evocata proprio mentre è applicata a elementi per nulla gloriosi.

Questa foto mi piace perché il suo squallore è anche meraviglioso; perché mostra che può bastare la luce giusta e la giusta prospettiva a rendere meravigliose le cose più banali. L’ho scattata qui.

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Di una foto di dettagli (19)

Dettagli (19)

Dettagli (19)

Questo è un Dettaglio complesso, che mi piace proprio per questo. Intanto ci sono molti, moltissimi stimoli visivi: il primo piano dei coltelli, ordinati ma non troppo; il secondo piano della vetrina dietro di loro; e poi tutto il mondo davanti, fotografo compreso, nel riflesso del vetro.

Nel riflesso si intravedono dei manifesti a sinistra, la mia figura appena più a destra, e poi una massa di vegetazione in tutta la metà destra, che si trova anche ribadita dal metallo delle lame. Alcune lame riflettono anche qualcosa di rosso, che non è sangue, dunque, nonostante la posizione.

La parte del mondo in cui è stata presa questa foto non è difficile da intuire, visto che la sagoma della regione è incisa su gran parte dei manici, e anche su alcune lame.

Cosa mi piace in questa foto? Varie cose. La prima è il ritmo dei manici bianchi e delle lame grigie e verdi. La seconda, e più importante, è che la complessità visiva crea un percorso interpretativo quasi obbligato, e delle sorprese. Quando l’occhio cade su questa immagine, la prima cosa che vede è l’effetto quasi bidimensionale dell’esposizione dei coltelli, con il ritmo dei colori, e questa ambiguità tra l’aspetto gioioso/giocoso e la natura in fin dei conti mortifera di questi oggetti. Poi, solo subito dopo ci si accorge del rumore visivo che appanna l’immagine, e della necessità di introdurre una terza dimensione. A questo punto il mondo dietro e (soprattutto) il mondo davanti si disvelano progressivamente, e mai del tutto; e sono normali, quotidiani, non particolarmente gioiosi/giocosi e per nulla trucidi. Però è proprio quella normalità a far risaltare, per contrasto, l’esposizione ordinata di oggetti pericolosi.

(Per la cronaca: quando ero lì sono rimasto un po’ a guardare questa conturbante e fascinosa esposizione, ho fatto le mie foto, e poi mi sono comperato un coltellino pure io, un Opinel, o meglio una copia di Opinel, senza però il profilo geografico sul manico)

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Di una foto con natura e cultura

Natura e cultura

Natura e cultura

Questa foto è divisa a metà. In alto, una natura addomesticata, culturalizzata. In basso una cultura ancora naturalistica, innamorata di proporzioni che pretendeva essere naturali. C’è anche la statua di Vittorino da Feltre, umanista dai mille interessi, che ben si intona col tema. (La piazza, come si vede appena al di sopra della sua testa, porta il suo nome; e lui, a sua volta quella del luogo da cui proveniva, cioè questo, dove ho scattato).

La foto mi piace per il digradare delle masse da sinistra a destra, con vari echi, o rime (il muro bianco verso sinistra con la grande fascia verticale appena grigia, verso destra; il palo bianco piccolo con il palo bianco grande; i camini, i tetti, le finestre).

E poi c’è questa cosa che sopra i tetti non c’è il cielo, bensì il bosco, che sale in verticale sino a quando non incontra il cielo vero e proprio. Probabilmente è proprio questo a dare all’insieme un certo senso di pace. La cultura si agita, erige monumenti, restaura palazzi; ma qui la natura sembra avvolgerla, quasi abbracciarla, davanti e dietro, a sinistra e a destra, smorzando nella sua lentezza quella frenesia.

Non so. La vogliamo prendere come una metafora del Rinascimento, un po’ come la statua di Vittorino?

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Di una foto di dettagli (18)

Dettagli (18)

Dettagli (18)

Non sono bolle di mercurio sulla superficie dell’acqua (anche perché il mercurio non starebbe a galla). È solo che il cielo era sereno in parte e in parte annuvolato (il sole, coperto), per cui le creste delle onde riflettono ora un colore ora l’altro, ora una combinazione.

Il fatto è che, fermati dallo scatto, quei riflessi diventano oggetti concreti, quasi solidi, metallici (e anche non fermati, il mare era tutto un agitarsi di stringhe d’alluminio – o di nastri da regalo argentati).

Ma quello che è inquietante è che questo mare è tutto butterato, e non so proprio perché (l’acqua era pulitissima, non pioveva, non c’erano bolle d’aria in emersione…).

E comunque, nonostante l’immobilità della foto, io continuo a perdermi anche adesso nel movimento di quei profili più o meno azzurri, più o meno grigi. La foto ha fermato il tempo, in verità, non la perpetua oscillazione.

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Di una foto verso l’alto, con le lampadine

Le lampadine

Le lampadine

Di questa foto (catturata qui) mi piace il grande corridoio diagonale di azzurro contro il bianco in basso a destra, la luce di riflesso che da quel bianco fa risplendere il sotto del cornicione, e i colori di quel muro a sinistra, con le verticali della lesena e del tubo e le orizzontali delle modanature e delle file di mattoni che emergono appena sotto l’intonaco in via di scomparsa.

Però quello che davvero mi innamora è la fila delle lampadine, che non si sottrae del tutto alla geometria dell’insieme, però la reinterpreta a modo suo, più vivace e incostante, e a un certo punto gioca anche di ambiguità con gli isolanti elettrici lungo la parete.

Anche per la loro forma, sono tante piccole campane di luce. Non ne sentite il suono? Anzi, meglio: non ne vedete il suono?

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Di una foto di dettagli (17)

Dettagli (17)

Dettagli (17)

I colori sono quelli, complice anche l’ombra (in alto a destra, dove c’è una lama di sole, il verde delle foglie rivela appena in tempo di essere in verità assai più brillante di così). E non sono bonsai, quelli, ma alberi veri. Insomma, non è un presepe, o un plastico, o una parete finto-naturale in uno zoo.

Che cos’è che è inquietante? Questa poco accessibile verticalità, o l’effetto prospettico che fa convergere le linee verso l’alto, o i colori assurdi? Oppure magari la completa naturalità di questa roba che sembra progettata apposta per colpire, per stupire?

Insomma, cosa ci fanno gli alberi in questa sezione verticale di roccia? in questo regno minerale di silicati e calcari?

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Di una foto più complicata di quello che sembra

Lo sdraio blu

Lo sdraio blu

Sì, lo so che nella mia anima di fotografo c’è Luigi Ghirri. Il punto è che c’era ancora prima che io sapessi della sua esistenza. Avrei fotografato così anche senza sapere di lui. Probabilmente avremo guardato le stesse cose; siamo cresciuti con lo stesso immaginario visivo; ritagliamo il mondo in maniera abbastanza simile. Poi lui è Ghirri e io no, e non ci si mette in competizione con un mito.

Qui, io trovo che a dar senso a questa foto ci sia la colonna di sinistra, col cancello aperto e il suo nero che si incrocia all’angolo con il nero della buchetta della posta (ma anche il verde scuro in basso fa la sua parte, con le sue linee orizzontali e verticali, proprio come il cancello). Questo montante, nel suo insieme, allude a una prima soglia, a un al di qua dove sto io che fotografo.

Poi, la fila dei massi bianchi definisce una seconda soglia, tra ciò-che-è-un-po’-meno-al-di-qua e la spiaggia. Proprio dove i sassi lasciano il varco, c’è lo sdraio blu, che è il protagonista di questa storia, e, ai suoi lati, le due sentinelle, o alari; comunque gli oggetti più interessanti in scena, quasi metallici nella loro rigida geometria.

La terza soglia non si vede, ma gli ombrelloni e lo sdraio, che stanno necessariamente sulla spiaggia, la rende implicita e necessaria. La quarta soglia è l’orizzonte, la cui orizzontalità espande quella già accennata dal cancello e dal bidone verde a sinistra; ma è anche ripresa dagli ombrelloni.

La foto non è immobile. C’è un movimento dello sguardo che va dalla colonnina a sinistra bianca e nera alla diagonale dello sdraio blu sino al punto rosso nel mare a destra. Lo sdraio blu è l’unico oggetto non ortogonale. Il punto rosso l’unico oggetto di un colore caldo. Blu e rosso sono i due colori più netti e forti presenti in scena, e lo sdraio è rivolto verso il punto rosso: chi vi si sedesse guarderebbe proprio là.

Ma allora i due ombrelloni diventano le quinte di una scena teatrale, il cui pubblico siede al di qua del cancello nero…

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Di una foto di dettagli (16)

Dettagli (16)

Dettagli (16)

Di questo Dettaglio non voglio dire niente.

Però guardatelo a tutto schermo.

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Di un’altra foto di rami

I rami

I rami

Questi rami sono davvero diversi da quelli della scorsa settimana. Qui tutto va verso l’alto e la sua ascesa si ritrova tarpata. Ogni ramo porta in cima questo capitozzo, probabile frutto di ripetute potature.

Così, il reticolo formato da questi rami risulta un po’ spettrale, vagamente inquietante.

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Di una foto di dettagli (15)

Dettagli (15)

Dettagli (15)

Questo Dettaglio mi piace perché mi parla di estate. Il sole filtra in mezzo alla paglia, la geometria circolare delle decorazioni è deformata dall’uso. C’è intimità, quasi si sente l’odore.

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Di una foto con linee di tendenza

Linee di tendenza

Linee di tendenza

Naturalmente anche il posto non è niente male, e il difetto di questa foto è che non sfigurerebbe come cartolina, o immagine pubblicitaria; ma quello che davvero mi colpisce e mi piace di questa figura è la singolare corrispondenza tra il profilo delle montagne e quello dei rami della tamerice.

Anche se si tratta di due serie di oggetti completamente diversi, rami e profili hanno un andamento simile, si corrispondono, disegnano grafici simili sugli assi cartesiani dell’inquadratura.

E poi mi piace perché il chiaro sta sotto, e lo scuro sopra. Le immagini, per ciascuno di noi, diventano interessanti quando mostrano, o alludono, ad aspetti del mondo differenti da quelli ovvi.

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Di una foto di dettagli (14)

Dettagli (14)

Dettagli (14)

Il punto di questo Dettaglio, direi, sono le righe quasi orizzontali, quasi regolari, dell’acqua, contrapposte (ma solo in parte) ai rami con le foglie, mentre i rami spogli tendono pure loro all’orizzontalità, seppure in maniera meno estrema. E poi c’è la sfumatura dal chiaro allo scuro, andando verso l’alto a destra, a cui corripondono anche i colori dei rami spogli, tesi l’uno verso l’altro un po’ come la mano di Adamo e quella di Dio in un affresco che ha una certa notorietà.

Si intuisce un mondo, riflesso nell’acqua, ma troppo vagamente…

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Di una foto di balconi e montagne

 

Balconi e montagne

Balconi e montagne

Capisco benissimo che questa foto (presa qui) possa non piacere. Anche il luogo specifico da cui è stata presa è piuttosto abominevole (come mostra chiaramente la veduta aerea in Google Maps), ma quello che c’è attorno è tutt’altro che privo di interesse. A me, di questa foto piace la corrispondenza tra le linee di luce e ombra della montagna e quelle dei balconi, che in qualche modo nega la prospettiva forte di questi ultimi.

A destra la regolarità, un po’ stolida, dell’architettura alberghiera; e a sinistra qualcosa che ora le corrisponde stranamente, e ora no. E la foto è comunque divisa in quattro…

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Di una foto di dettagli (13)

Dettagli (13)

Dettagli (13)

Stessa situazione di due settimane fa, però qui l’onda è colta diversamente, in modo da mostrare tutta la varietà delle sue tonalità di bianco. Che cos’è che fa percepire il dinamismo, qui, mentre nell’altra foto tutto sembrava immobile? Magari il semplice fatto che qui il soggetto è immediatamente riconoscibile (e sappiamo quanto un’onda si muova!), oppure la configurazione a raggiera, dall’angolo in basso a destra verso l’alto e la sinistra, che evoca l’idea dell’esplosione.

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Di una foto di piccioni sul pentagramma

Piccioni sul pentagramma

Piccioni sul pentagramma

Magari la si può pure suonare.

(presa qui)

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Di una foto di dettagli (12)

Dettagli (12)

Dettagli (12)

Quello che mi piace di questo Dettaglio è che i colori sono gli stessi dappertutto: lo stesso verde un po’ screziato di giallo, che la può far sembrare uniforme a prima vista, o a uno sguardo sfocato.

Ma subito dopo emerge la differenza, che è nel modo in cui la luce è distribuita e organizzata, e quindi su come emergono le forme, definendo uno sfondo globuloso e a macchie, e un primo piano a linee e a lunghe e sottili aree luminose.

Una foto con la sorpresa, insomma. Piccola, certo. Ma c’è.

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di Daniele Barbieri

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