Dettagli (42)
Tutte queste linee parallele, verticali ma non esattamente! Verso il basso a destra prevalgono invece altre linee, meno diritte, più brevi e intrecciate. Verso l’alto a sinistra (principalmente, ma non solo lì) ci sono le forme sfrangiate delle foglie. Qua e là, su questo sfondo, si impongono le singolarità spiraliformi dei germogli, unici dettagli un po’ meno verdi di tutto l’insieme.
I gabbiani
Quello che mi colpisce, e mi fa ridere, dei gabbiani è la loro aria stolida di sentinelle.
Presa qui.
Dettagli (41)
Se io non sapessi già che quella sopra è acqua, e quella sotto è sasso/roccia, come farei a capire che quella sopra è una mobile onda, e quella sotto no? Se uno già non lo sa, la sabbia in primo piano è increspata più o meno quanto il mare sul fondo, e i sassetti in secondo piano stanno scivolando, a destra ma soprattutto a sinistra, attorno all’onda di pietra. D’altra parte, dietro, se uno già non lo sa, potrebbe essere tutto fatto di una gelatina morbida ma solida, blu e bianca.
Se conoscete un alieno che non sia mai stato sulla Terra, potete provare a sottoporgli la foto, e a domandarglielo.
Archi e diagonali
Dorata e grigioazzurra, scattata qui.
Saranno pure le mie solite geometrie, ma qui più in versione van Doesburg, piuttosto che Mondrian.
Insomma, c’è un sacco di movimento, persino ascensionale.
Dettagli (40)
Questo Dettaglio mi piace perché c’è l’opera razionalizzatrice dell’uomo, che gli dà la struttura, e poi l’azione della natura (del caso) che gliela incrina.
Su un macromondo progettato per uno scopo umano si innesta un micromondo senza progetto: muschi, muffe, piccole piante, sassolini trasportati dal vento o dall’acqua.
Non potremmo vivere né senza il progetto razionale umano, né senza la resistenza infinita che gli contrappone la natura. Probabilmente è per questo che faccio foto così.
E poi c’è l’ombra: un’altra struttura geometrica, ma non umana. Che complica tutto…
Una fine del mondo
Una volta, il mondo finiva qui. Potete scegliere se con “qui” si intende il punto da cui è stata scattata la foto, oppure il capo con il faro che si vede sul fondo. Non che cambi molto.
Oggi, evidentemente, non è difficile andare oltre. Ma questo posto continua ad avere il fascino di un posto dove il mondo finisce, dove al di là c’è altro.
Non è difficile percepire, stando qui, questi due speroni di roccia (quello dov’ero io, e l’altro sul fondo) come due estremi tentacoli d’Europa protesi sul nulla.
Non so se questa foto estiva riesca a rendere questa fascinazione…
Dettagli (39)
Questo Dettaglio mi piace perché sembra un disegno, perché è quasi un’immagine in negativo (col cielo nero e l’albero più chiaro) e perché i rami sono come serpenti impazziti che danzano, dritti come i cobra degli incantatori.
Viene voglia di girarla a testa in giù, questa foto, perché questo potrebbe sembrar ridarle stabilità. Temo che sia un’illusione, però.
La gente colorata
Questa foto è stata presa qui, lo stesso giorno di questa e questa e questa e questa e questa e ancora questa (sì, ho scattato varie foto quel giorno, ma diverse centinaia vi saranno risparmiate).
Mi piace perché la gente di sotto è colorata esattamente come i nastri e le bandierine di sopra, e il mondo del simbolico si rispecchia cromaticamente in quello del reale (e viceversa, naturalmente).
Tutti stanno guardando qualcosa, che qui è fuori quadro, ma il fotografo lo sapeva che il vero spettacolo erano loro, la gente, festiva quanto e più delle bandierine. E pure loro lo sapevano, quel giorno lì.
(Sì, è vero, ci ho dato su un pelino troppo di saturazione con Photoshop. Ma qui i colori sono tutto)
Dettagli (38)
Direi che in questa foto si possono riconoscere almeno sette livelli sovrapposti. A partire dal fondo:
1. uno sfondo non chiaramente definibile, forse con un accenno di panorama (se non è un riflesso sul vetro, il che aggiungerebbe un ulteriore, ottavo, livello);
2. quello che c’è fuori, vicino, cioè la pianta tipo dracena in basso al centro,
3. il reticolo diagonale posteriore;
4. quello che c’è dentro, dietro, cioè quella cassetta azzurra e la colonna di legno;
5. quello che c’è dentro, davanti, cioè la porta aperta sulla destra con il muro;
6. il reticolo diagonale anteriore, insieme col vetro sporco (in realtà due livelli diversi molto vicini);
7. il mondo dalla mia parte, palesato dalle ombre, specie delle foglie.
La foto mi piace anche, indubbiamente, per questa complessità. Però anche soltanto l’intrico di diverse diagonali e verticali, con questi colori appannati, potrebbe essere motivo di apprezzamento, almeno per me.
Da lontano
Da lontano, cioè da qui, una città può ben diventare una sorta di groviglio di volumi, quasi l’incubo di un funzionalista. Progettazione razionale su progettazione razionale, il risultato è un caos visivo, non privo, nell’insieme, di una certa confusa e irrazionale grazia (va be’, su questo deciderete voi).
Dettagli (37)
Questo Dettaglio è parente del Dettaglio 16, si capisce subito. Insomma, è sempre il “tè greco”. Forse sono addirittura le stesse piante di quello. Ma il punto di vista è differente, più basso e ravvicinato.
Ci si vuole stare dentro, insomma. E il blu appena accennato del mare dietro serve per dare più spessore a questo rosa pastello e a tutte le sue sfumature.
Nel tempio di notte
Un po’ di India fa bene, ogni tanto. Qui, come è evidente dalla scritta, siamo in Tamil Nadu, esattamente qui.
Be’, indubbiamente, a fare la parte del leone, qui, sono i contrasti cromatici. I colori (data anche l’esposizione notturna) sono già così saturi che mi sono guardato bene dal caricarli ulteriormente. Un po’ per questi contrasti, un po’ per le luci comunque notturne, molti elementi di questa immagine sembrano quasi disegnati: i capitelli, il lungo fastigio con la divinità e il cartellone, persino i dettagli architettonici sulla sinistra.
Probabilmente è proprio questa ambivalenza tra realtà fotografica e irrealtà disegnata a dare fascino a questa foto, riflettendo visivamente la stessa ambivalenza sul piano narrativo: una tranquilla situazione di una calda sera indiana, in uno dei luoghi più sacri e mistici dell’India, il tempio di Annamalai, ovvero di Shiva, nella città di Tiruvannamalai, cioè la città di Shiva, ai piedi della collina di Arunachala, la Collina dell’Alba, che è Shiva in persona.
La presenza del dio terribile non sembra preoccupare molto i fedeli. Ma loro sanno di vivere in Shiva, e di esserne in qualche modo un avatar, proprio come lo è il tempio in cui si trovano e il mondo intero. Insomma, la realtà è disegnata, proprio come in questa immagine. È il velo di Maya a impedirci di distinguere le cose così come esse sono. Siamo tutti parte della lila, il gioco degli dei, insomma, il loro disegno – proprio come qui.
Dettagli (36)
Trattasi, evidentemente, di un ammasso di galassie – non quelle a spirale, le altre – con le linee di forza che le collegano al buco nero massiccio che sta al centro. Un altro ammasso galattico si intravvede a sinistra, verso l’alto.
Verso il faro
Questa foto (scattata qui) mi piace perché il suo oggetto si trova in verità relegato nell’angolo in alto a sinistra, e tutto il resto funziona come un grande e diffuso puntatore. Qualunque sia il punto da cui il vostro sguardo inizia il suo percorso, non c’è dubbio che la fine del percorso sarà il faro.
Lo sguardo può correre avanti e indietro, verso l’alto e verso il basso, ma non dubiterà del fatto che in basso sta l’inizio e in alto la fine del percorso. Sarebbe così anche senza la figurina umana tagliata dal margine destro della foto, ma la sua presenza rafforza la sensazione.
Insomma, il faro è il punto statico, che si può riflettere placidamente nell’acqua, mentre tutto il resto si trova in tensione dinamica verso quello stesso punto, e dinamici sono pure gli altri riflessi.
E poi, persino le montagne in alto a destra puntano verso il faro. Sarà il rimando alla forma della punta di freccia, a creare questo effetto? Ciò che si assottiglia tende sempre a puntare verso la sua parte più acuta? Il faro, allora, punta verso il cielo?
Un po’ magari sì, ma il faro è più un cilindro che un cono. E poi, nella misura in cui lo fa, non fa che confermare la tensione verso l’alto che attraversa tutta la foto.
Dettagli (35)
È solo una boa, niente di più. E la sua unica funzione in questa immagine è quella di attirare l’attenzione su di lei, in modo che l’organizzazione per bande orizzontali del mare arrivi all’attenzione soltanto dopo, quando in qualche modo è comunque già stata percepita.
Insomma, poiché la boa chiede di essere osservata per prima, ci si trova con lo sguardo in mezzo al mare prima di potersene accorgere.
O almeno questa sarebbe l’intenzione del fotografo, comunque affascinato dalla sequenza di bande azzurre.
Riflessi
Avevo preso questa foto (proprio qui) perché mi aveva colpito il riflesso nel vetro della guglia modernista della torre, senza accorgermi che, in realtà, avevo scelto proprio quel punto di ripresa perché c’erano pure altri riflessi che mi stavano intrigando. Guardate per esempio la figura del generale Lavalle in alto sulla colonna, e ritrovatene a destra il riflesso parodiato proprio nella guglia (che a sua volta si riflette nel vetro). Più a sinistra della statua, in alto sopra una terrazza, c’è una strana architettura metallica che lancia la sua punta verso il cielo, proprio come la cipolla rossastra a destra sotto la guglia.
Non posso impedirmi di pensare, sorridendo, che quell’intrigo di cavi elettrici che collegano le case in alto, sia anche un intrico di legami simbolici, come a evidenziare il fatto che le cose si rimandano tra loro, e che una città non sia forse che un mostruoso labirinto, dove ciascuna cosa ci rinvia pervicacemente a un’altra, senza mai fine.
E non c’è dubbio che l’ombra (in questo luogo certamente pertinente) di Jorge Luis Borges stia aleggiando su queste parole. (oltre che su queste, e queste, e queste)
Gabriele Basilico
Certo, questa foto non l’ho fatta io, ma il debito mi sembra evidente; il mio debito, è ovvio.
Grazie, Gabriele.
Dettagli (34)
È passato il cinghiale, la moto, il cielo è annuvolato ma luminoso, l’erba stenta a crescere, il mio occhio è lì, parte del quadro ravvicinato.
L’odore, lo sentite?
I tavoli e il mare
Non so. Devo parlare di linee orizzontali e verticali, di vicino e lontano, di scuro, chiaro, azzurro e rosso? O del mare che si rispecchia sul tavolo lucido?
Oppure è sufficiente proporla, questa figura presa qui, in questa mattina di febbraio, con un sospiro, magari?
Dettagli (33)
Non riesco a non vederci qualcosa di appena appena sanguinolento, in questa sabbia corallina. È come se fosse un muro da cui cola quella roba lì, e sopra, quella strana gelatina.
Cosa avrò mangiato oggi?
Riuscite a coglierne la purezza lo stesso, adesso?
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