Archivi

Post recenti

Temi

allitterazione antisemitismo antologie architettura Arte arti ascolto ascolto musicale asemic writing audiovisivo autobiografismo avanguardie battito blog calligrafia canzone carattere tipografico caratteri lineari cinema città città invisibili climax comicità commenti comunismo corpo corteo coscienza credenza crescendo critica decadentismo definizione del fumetto design industriale dettagli diario d'India diario greco divertimento divinità efficacia simbolica elefante endecasillabo enjambement enunciazione epica episodi ermeneutica erotismo fantascienza fantasy fascismo focalizzazione font fotoromanzo fruizione fumetto-pensiero fumetto su schermo funzionalismo generi geroglifici gesuiti graphic novel Grecia grottesco guardare guardare e leggere horror humor nero identità ideologia illustrazione immagini impaginazione improvvisazione inchiostri India indignados infografica ipertesto jazz leggere letteratura per l'infanzia letteratura popolare lettering lettura lirica lirismo liste manifestare manifesto mappe mentali marchio media melodramma metrica miracoli mistery misticismo mito mitologia musica contemporanea narratività narrazione per immagini nascita del fumetto nazismo neoplasticismo nudo nuovo onomatopea optocentrismo oralità origine della scrittura ornamento orrore ottonario ottosillabo paronomasia paura pennello petrarchismo piazza pittura plagio poesia civile poesia concreta poesia in dialetto poesia in prosa poesia orale poesia spagnola poesia visiva poesie mie poetiche poetry comics politica pornografia principio del parallelismo progetto propaganda prostituzione racconto radio ragione razionalismo razionalismo selvaggio razzismo Reale religione reportage respiro ribaltamento ricerca riduzione dell'io riproduzione a stampa risoluzione ritmo rito Romanticismo romanzo sacro satira scrittura serialità simbolismo simbolo sinsemia sintassi social network sonetto spazio bianco stilizzazione storiografia sublime suono supereroi surrealismo svastica tabelle teatro televisione tempo del racconto tempo raccontato tensione teologia tipografia traduzione underground verso verso libero visivo/sonoro voce Web Web 2.0

Persone

Abel Lanzac Adolf Loos Adrian Frutiger Aki Kaurismäki Alain Keler Alan Lomax Alan Moore Alberto Breccia Alberto Salinas Al Capp Aldo Nove Alessandra Carnaroli Alessandro Broggi Alessandro Tota Alex Raymond Alfonsina Storni Alfred Alfredo Giuliani Algirdas J. Greimas Allen Ginsberg Alvin Lustig Al Williamson Amelia Rosselli Ananda K. Coomaraswamy Andrea Bruno Andrea Catellani Andrea Inglese Andrea Pazienza Andrea Raos Angelo Fabbri Anthony Braxton Antonio Rubino Ardengo Soffici Armando Rojas Guardia Armin Hofmann Arnold Böcklin Art Spiegelman Attilio Micheluzzi Azzurra De Paola Baru Benito Jacovitti Ben Katchor Billie Holiday Bill Watterson Blutch Bryan Talbot Burne Hogart Canaletto Caran d'Ache Carl Barks Carlos Gardel Carlos Gomez Carlos Meglia Carlos Sampayo Carlos Trillo Caterina Davinio Chardin Charles Bukowski Charles Burns Charles M. Schulz Charles Mingus Chester Brown Christophe Blain Chris Ware Claude Lévi-Strauss Conlon Nancarrow Corrado Costa Craig Thompson Cristina Alziati Crockett Johnson Daniel Clowes Daniele Brolli Dante Alighieri Dario Morgante Dave McKean David B. Davide La Rosa Davide Toffolo David Mazzucchelli Denis Diderot Denise Schmandt-Besserat Diane Arbus Didier Lefèvre Dino Battaglia Dino Buzzati Dino Campana Dylan Thomas Edmund Burke Edoardo Sanguineti Edogawa Ranpo Edward Weston Elio Pagliarani Elzie Crisler Segar Emilio Salgari Emmanuel Guibert Enki Bilal Enrico D'Elia Enrico Gulminelli Eric Gill Ernie Bushmiller Fabio Gadducci Federico García Lorca Ferenc Pintér Fernanda Romagnoli Filippo Scozzari Filippo Tommaso Marinetti Flavio Montelli Floyd Gottfredson Franca Mancinelli Francesca Ghermandi Francesca Matteoni Francesco Cattani Francesco Petrarca Franco Matticchio Frank Frazetta Frank Miller Frank Zappa Frantz Duchazeau Fred Bernard Frederic Goudy Fredric Wertham Friedrich Nietzsche Gabriella Giandelli Geo McManus George Herriman George Lakoff Georg Kurt Schauer Giacomo Monti Giacomo Nanni Giancarlo Berardi Gianfranco Manfredi Gianluca Capuano Gianluca Costantini Gian Luigi Bonelli Gian Maria Cervo Gianni Bono Gianni De Luca Giorgio Carpinteri Giovanbattista Bodoni Giovan Battista Carpi Giovanna Sicari Giovanni Della Casa Giovanni Giudici Giovanni Lussu Giovanni Pascoli Gipi Giuliano Mesa Giulio Cesare Cuccolini Guido Crepax Guido Mazzoni Guillaume Dufay Guy Peellaert György Lukács Harold Bloom Hayao Miyazaki Herb Lubalin Huai Su Hugo Pratt Igort Immanuel Kant Inio Asano Ivan Fedeli Ivo Milazzo Jackson Pollock Jacopo da Lentini Jacques Geninasca Jacques Lacan James Mosley Jan Tschichold Jan Vermeer Jean-Baptiste-Siméon Chardin Jean-Claude Forest Jean-Claude Götting Jean-Philippe Peyraud Jean Giraud Jerome Charin Jerry Kramsky Jerónimo Nadal Jim Woodring Jiro Taniguchi Joann Sfar Joe Matt Johann Sebastian Bach Johann Wolfgang von Goethe John Coltrane Jorge Luis Borges Jorge Zentner José Luis Salinas José Muñoz Juan Ramón Jiménez Julian Assange Jérémie Dres Lello Voce Leonardo Gori Leo Ortolani Lope de Vega Lorena Canottiere Lorenzo Mattotti Luca Boschi Luca Francesconi Magnus Manfredi Giffone Manuele Fior Manu Larcenet Marcello Jori Marco Bini Marco Giovenale Marco Vannini Maria Grazia Calandrone Mario Luzi Meister Eckhart Melinda Gebbie Michelangelo Michele Santoro Michele Zaffarano Miguel Cervantes Miguel Ángel Martín Miles Davis Milo De Angelis Moebius Mulholland Dave Nadia Agustoni Nicolas Boileau Nicolas Poussin Omero Ornette Coleman Osamu Tezuka Paolo Bacilieri Paolo Zazzaroni Patrizia Dughero Paul Auster Paul Chadwick Paul Gillon Paul Klee Paul Renner Philippe Druillet Pierre Boulez Pieter Bruegel il vecchio Piet Mondrian Pietro Scarnera Piet Zwart Platone Pseudo-Longino Quino Raffaello Ray Bradbury Ray Moore Reiser Renata Morresi René Goscinny Richard Felton Outcault Robert Bringhurst Robert Musil Roberto Baldazzini Roberto Tagliaferri Robert Williams Robin Wood Roland Topor Roman Jakobson Rustico Filippi Salvator Rosa Samuel H. Monk Sarah Moon Saul Steinberg Scott McCloud Sergio Bonelli Sergio Ponchione Sergio Rotino Sergio Tofano Sergio Toppi Silvia Secco Silvia Ziche Stefano Ricci Sto Stéphane Mallarmé Suehiro Maruo Sydney Jordan Theodor H. Nelson Theodor W. Adorno Thierry Smolderen Tim Berners-Lee Tim Burton Tito Faraci Tiziano Sclavi Tove Jansson Ugo Foscolo Umberto Fiori Umberto Piersanti Vanna Vinci Vaughn Bodé Walt Disney Walt Kelly Warren Chappell Wilhelm Busch Will Eisner William Blake William Hogarth William Morris Winsor McCay Zhang Xu

Sacro e poesia (Diario di Kalymnos. Quindicesimo e sedicesimo giorno)

A vacanza avanzata resta poco da raccontare. Il riposo fa poca storia. Magari la fanno invece le riflessioni che il riposo suscita, insieme con le letture che si fanno. Per questo ho intitolato questo post “Sacro e poesia” perché è il tema su cui ha divagato la mia mente in questi giorni di relax.

I libri che ho letto qui (e di cui ho parlato nei post precedenti) hanno mostrato sostanzialmente due vie di accesso al sacro. Parlo di sacro senza ulteriori specificazioni; naturalmente chi vuole può vederci Dio, nel sacro, o gli dei, o Shiva, o il Brahman, o la coscienza cosmica; io mi fermo prima, magari parlando di sacro/sublime, vista la vicinanza strettissima delle due nozioni, come ho fatto nei giorni scorsi; mi interessa il numinoso, non so quanto mi interessi Dio.

Dicevo, dunque, di due vie di accesso al sacro, una esteriore (e uso questa parola senza connotazioni negative) e una interiore. La via esteriore è quella del rito, del gesto corale, del riconoscersi in un ordine rituale, che è, inevitabilmente, un ordine sacro, in quanto antico, virtualmente immutabile, collettivo non solo nel senso della collettività umana. La via interiore è quella dell’ascetismo mistico, del fondo dell’anima, del fare il vuoto dentro di sé perché possa entrarci dell’altro. Nella tradizione induista la via esteriore corrisponde alla bhakti dei seguaci di Vishnu, mentre quella interiore all’advaita degli shivaiti.

In modi diversi, per entrambe le vie si arriva a una diversa coscienza di sé, dove il sé non è più l’io, ma qualcosa di assai più vasto. L’io si rivela quell’illusione che è, certo mai del tutto abbandonabile, ma altrettanto certamente molto riducibile rispetto al ruolo strabordante che ha per noi occidentali.

Le vie esteriore e interiore sono diverse tra loro, ma molto meno di quello che sembra. La via rituale è la più antica: il rito è più antico del linguaggio, e il linguaggio è più antico della coscienza di sé. Ma proprio l’esistenza del rito e del linguaggio hanno fatto sì che il nostro inconscio, che già è un processo di per sé naturale, diventasse anche un processo sociale, ancora prima di sostentare un io. Questo è accaduto filogeneticamente e continua ad accadere ontogeneticamente nello sviluppo di qualsiasi bambino.

In questa prospettiva l’autocoscienza non è che un breve segmento nella linea che va dal mondo esteriore a quello interiore, entrambi naturalmente e socialmente costruiti. L’esistenza dell’inconscio (che è sì quello freudiano, ma non solo) rende incoerente la concezione cartesiana di una res cogitans interna contrapposta a una res extensa esterna. Interno ed esterno, piuttosto, sono solo aspetti diversi della stessa cosa, e da qualche parte lì in mezzo ci sta quell’illusione che chiamiamo io, o autocoscienza.

Attingere il sacro è riuscire a vedere, almeno per un attimo, al di là dell’illusione; sentirsi parte del tutto, essere il tutto. La via esteriore ha funzionato da sempre, quella interiore, più difficile e tortuosa, funziona pure lei da molto tempo.

Che cosa c’entra la poesia con tutto questo? Ho forti ragioni per pensare che sia la scrittura che la fruizione di una poesia (ma soprattutto la fruizione) siano atti di carattere rituale. Come ho scritto anche nel mio libro, per fruire un componimento poetico bisogna recitarlo, almeno interiormente, ovvero ricostruirne attivamente le sonorità, l’andamento. Non basta leggere con gli occhi, come si fa con la prosa: leggere una poesia solo con gli occhi è infatti ridurla a prosa, puro significato delle parole, escludendo dal gioco la gran parte dell’efficacia poetica.

Recitando almeno interiormente, ma meglio ancora esteriormente, l’esecuzione assume l’aspetto della recitazione di un mantra; diventa cioè un atto rituale, in cui il lettore si ritrova in sintonia, accordato, a quello che hanno fatto o faranno tutti gli altri lettori dei medesimi versi. Nel fare questo, le parole contenute in quei versi acquistano quello che si acquista attraverso il rito, ovvero una qualche sacralità.

Si noti che è presente, nel sacro, una forma di verità che non è quella epistemologica dell’aderenza al reale (“la neve è bianca” è un’asserzione vera se e solo se la neve è bianca, come recita l’assioma di Tarsky). È piuttosto una verità che si dà per assunta, pur essendo indimostrabile ed essendo indimostrabile la sua negazione. È quella verità per cui un credente ritiene vero che Dio esista, pur sapendo perfettamente che non c’è modo di verificarlo, ma è il rito stesso a renderla tale (cfr. Roy Rappaport, Ritual and Religion in the Making of Humanity, il volume che sto leggendo ora). Non è certo la verità della scienza, e un filosofo analitico non ve la farebbe passare; ma tutte le religioni si fondano su questo senso di verità.

I Greci antichi ritenevano vera qualsiasi asserzione che fosse stata espressa attraverso i versi di un testo poetico; in altre parola, se era poesia che lo diceva allora era sicuramente vero (lo ricorda Paul Veyne, nel volume I Greci hanno creduto ai loro miti?). Si tratterà di verità nel secondo senso, indubbiamente, ma sempre di verità si tratta. Per i Greci, infatti, i testi poetici più antichi sono testi in cui si parla degli dei, e attraverso cui si fonda il loro sistema di credenze.

Ecco quindi dove voglio arrivare: la natura rituale della poesia la rende dell’ordine del sacro, e conferisce quindi alle sue parole uno statuto particolare di verità. È per questo che la poesia suscita il rispetto di chi la legge; ma è anche per questo che ha vita difficile in un mondo de-sacralizzato, in cui la nozione di verità imperante è quella epistemologica di corrispondenza al mondo.

Parlo di buona poesia, ovviamente. La cattiva poesia è come un rito eseguito male, senza criterio, senza serietà: qualcosa quasi di sacrilego, insomma. Se non fosse che ce n’è tanta, e che inevitabilmente siamo più spesso in contatto con la poesia cattiva, percepiremmo davvero questo senso sacrilego, questa impressione di voler avere a che fare con il sacro senza aver preso le dovute cautele, senza saperle prendere, in realtà. Perdoniamo ai cattivi poeti solo perché sappiamo bene che non c’è una scuola a cui si impari a costruire questo genere di riti, e che senza cattiva poesia non nasce nemmeno quella buona.

Ma questa sacralità, e quindi, in qualche modo, oracolarità della parola poetica le conferisce delle responsabilità terribili. Proprio in quanto depositaria di un senso particolare di verità, apparentato col sacro, la poesia non può dire qualsiasi cosa. Non che non possa parlare di qualsiasi cosa: ovviamente lo può fare. Ma dev’essere in grado di vedere la dimensione sacrale in quello di cui parla; altrimenti fallisce, altrimenti si rivela come un bluff, non è che banale cattiva poesia.

Può essere ironica, scherzosa; il sacro può stare anche lì. Ma non lo può essere in maniera banale.

Personalmente, sono poco interessato ai temi della poesia. Quello che interessa a me è come la poesia li mette in scena, li sviluppa, li rende fascinosi, li sacralizza. Per questo (ma questo vale solo per me, personalmente) quando inizio a scrivere non devo sapere di che cosa parlerò: se lo sapessi, starei sviluppando un tema, come si fa a scuola, o come si fa in prosa. Devo avere piuttosto la sensazione che il tema stesso scaturisca dal mio fondo dell’anima, il luogo del sacro dentro di me, e che si sviluppi secondo linee rituali/sacrali che dentro di me si sono depositate. Solo così, per me, chi leggerà poi quei versi potrà ritrovarvi davvero il sacro, attraverso il rito che essi costruiscono.

In questo modo la via interiore e quella esteriore al sacro convergono. Anzi, sono una e una sola.

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Leave a Reply

You can use these HTML tags

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

  

  

  

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.