Quella che vedete qui a fianco è la copertina del mio nuovo libro. Sarà in libreria ai primi di marzo.
Lo si presenta a Bilbolbul sabato 6 marzo alle 17, Libreria Irnerio, a Bologna (insieme a Sergio Rossi e Luca Raffaelli; conduce Laura Scarpa).
Ecco, in preview, un frammento dell’Introduzione:
…Nell’introduzione de I linguaggi del fumetto, scritta nel 1990, sostenevo che i linguaggi non sono solo strumenti di espressione, ma prima di tutto ambienti, all’interno dei quali l’espressione stessa prende forma. In altre parole, un pittore non pensa a parole quello che sta per dipingere, e un compositore ha in mente prima di tutto forme musicali, non la loro descrizione o la loro immagine: l’immaginazione di ciascun creatore si muove a partire dal mondo visivo o sonoro (o altro) che gli è familiare. Poi, tra un linguaggio e l’altro ci sono innumerevoli influenze e contaminazioni, per cui può davvero avvenire che un pittore e un musicista si influenzino l’un l’altro, come testimonia, per esempio, la lunga amicizia e frequentazione reciproca di Wassilij Kandinsky e Arnold Schönberg; perché anche ammesso che si produca all’interno di un linguaggio solo, siamo tutti comunque sempre fruitori di tanti linguaggi diversi, ed esposti alle idee che vi vengono espresse.
Ma, per venire al punto, come si pensa a fumetti? Visto che il fumetto è, almeno in apparenza, composto di immagini e parole, dovremo pensare che non esista uno specifico ambiente fumettistico? oppure, se esiste, quale sarà la sua specificità?
Sappiamo che, tipicamente, una storia a fumetti viene ideata nelle sue grandi linee da un soggettista, dettagliata nell’organizzazione in quadri e nei dialoghi da uno sceneggiatore, e infine messa su carta da un disegnatore (o più di uno: matite, chine, colori, lettering). Ma sappiamo anche che spesso questi diversi ruoli vengono assolti da un unico autore, e sappiamo anche che un buon sceneggiatore non scrive allo stesso modo in cui scriverebbe se stesse scrivendo un romanzo, e chi disegna non concepisce le singole vignette in maniera indipendente l’una dall’altra, come se fossero dipinti.
Certo, il fumetto-pensiero è un pensiero narrativo. Si basa su un’idea di racconto, che nelle sue grandi linee è inevitabilmente vicina alle idee di racconto di qualsiasi linguaggio a base narrativa, dal cinema al romanzo. Ma è nel dettaglio che si aprono le differenze: un romanziere pensa per flussi di parole; il dettaglio di un racconto è per lui una successione di descrizioni di cose ed eventi, esteriori e interiori. Il suo ritmo di base è un ritmo di parole che fluiscono come dalla bocca di un immaginario narratore orale, in cui l’andamento delle proposizioni e dei periodi, e il modo in cui ne escono i concetti narrativi, è davvero il cuore della sua espressione. È questo il ritmo che lui deve avere dentro; deve averlo interiorizzato a partire dalle sue letture e attraverso l’esercizio della scrittura: perché il ritmo dei suoni del linguaggio e dei concetti che esse trasmettono è il ritmo del testo, è quello che trascina o non trascina, che rende il testo appassionante o a malapena degno di interesse. Pensare per parole vuol dire usare le parole, per il suono e per il senso, come un musicista usa i suoni e le forme musicali; e così facendo riempire il racconto di tensione.
Un regista pensa per sequenze dinamiche, in cui gli eventi cruciali del mondo messo in mostra determinano il ritmo quanto i tagli di montaggio con cui si passa da un’inquadratura a un’altra e da una scena a un’altra. Il ritmo del cinema è quello del teatro più quello del montaggio, e i grandi film si fanno, a saperli fare, sia con le piano-sequenze che con i montaggi frenetici. Anche il regista deve, e ancor più del romanziere, sentire il tempo, tanto più perché il suo tempo è dato dallo scorrere inarrestabile della pellicola anziché dallo sguardo di un lettore che scorre un testo verbale con una rapidità che varia a seconda delle capacità personali e dell’interesse suscitato dal testo stesso.
Queste due, pur differenti, fluidità non riguardano chi pensa a fumetti. Nel fumetto, azione e taglio di montaggio coincidono necessariamente, perché la vignetta è rappresentazione immobile di un evento che dura, ma che non può durare più di tanto (il fumetto non possiede la piano-sequenza) e deve inevitabilmente lasciar passare la lettura alla vignetta che segue, e questa mostrerà per forza un evento successivo – e così via, di inquadratura-evento in inquadratura-evento. Non si può, come nel cinema, far scorrere un evento da un’inquadratura all’altra giocando sulla continuità temporale dell’azione; né si può (se non in misura minima) far susseguire più eventi nella medesima inquadratura. Il fumetto racconta per blocchi di inquadrature che sono insieme eventi (o poco più, talvolta), trovandosi costretto a questo ritmo fatto di alternanze obbligate di battiti e assenze, battiti e assenze, vignette e spazi bianchi, eventi e lacune temporali.
Allo stesso tempo, ogni battito-vignetta-evento è insieme un istante e una durata. È un istante perché raffigura una realtà immobile, congelata dal taglio temporale – ma è una durata sia perché il taglio temporale è stato scelto appositamente per raccontare un tempo più lungo, sia perché l’occhio del lettore impiega del tempo per comprenderla, sia perché vi possono convivere momenti diversi dell’azione (quali in una reale istantanea mai si potrebbero vedere), sia, infine, perché le parole che vi sono contenute o che l’accompagnano richiedono nella lettura ed evocano nel mondo raccontato delle durate reali e consistenti. Lo scorrere del fumetto è dunque fatto di questi battiti che sono però a loro volta articolati temporalmente al loro interno, e questo ne complica drasticamente la gestione, permettendo al fumetto sia di ottenere gli ossessionanti e trascinanti effetti ritmici del Dark Knight di Miller che la densa e lenta fluidità di Mattotti – ma anche tante gestioni più confuse, o più banali, in cui il troppo dell’immagine uccide il racconto, o il troppo poco lo rende privo di interesse….
Per avere invece un’idea di che cosa c’è dentro, l’indice è questo:
Introduzione
UNO: STORICO
L’editoria a fumetti italiana dagli anni 50 ai 90
Gli anni Sessanta
D’autore e popolare in Italia, tra gli Ottanta e i Novanta
DUE: CLASSICO
Hergé
A proposito di Tex
Gianni De Luca
Dino Battaglia
Sergio Toppi
Magnus
Claire Bretécher
TRE: ROMANTICO
Joost Swarte, Ever Meulen e la ligne claire
Tiziano Sclavi e Dylan Dog
Fumetti e pubblicità di Filippo Scozzari
François Berthoud tra fumetto e moda
Il gruppo Valvoline
L’eredità di Tofano in Carpinteri, Igort e Mattotti
Lorenzo Mattotti (1)
Lorenzo Mattotti (2)
QUATTRO: TECNICO
La critica e il racconto per immagini
Fumetto e cinema
Strategie tensive tra romanzo e fumetto (Richard Corben e Dino Battaglia)
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Insomma, ci sono buoni motivi per venire alla presentazione del 6 marzo, o, se proprio non potete, per comperare il libro.
Buon nuovo viaggio 😉
http://sonoioche.blogspot.com/2010/02/new-old-blogs.html
Bene! Così, oggi, sei su afNews.info. 🙂
Finalmente!
Via, toccherà prenderlo e leggerlo 😉
Orizzonti illimitati…
Tutto quello che so sul fumetto – o almeno quel poco che ne capisco -, lo devo a un semiologo bolognese che ora, nella recente versione barbuta, somiglia all’altro celebre semiologo qui ritratto, di cui è stato allievo. Lui si chiama Danie…
[…] spezzone dell’intervista; e io stesso presentando il mio libro su questo blog qualche mese fa avevo riportato parte di quelle medesime pagine dell’Introduzione. Mi sembra di capire che il tema interessa; e so per certo che interessa me; e […]
[…] questo proposito, di Daniele Barbieri, vi consiglio anche l’ultima raccolta di saggi (Il pensiero disegnato) sul fumetto europeo. […]
Il battito…
Ogni storia ha la sua forma e immagine, il suo battito, in un certo senso sviluppa quell’intuizione iniziale e la organizza in un racconto. Non credo al disegno che serve al racconto, anche grandi narratori come Frederik Peeters non sarebbero cos…
[…] sopra di un cartoonist, in auge, come Manuele Fior e confrontatele con il discorso del semiologo Daniele Barbieri: il fumetto è fatto di vignette e ogni vignetta rappresenta un evento; ogni evento è un […]