Gironzolando per gli stand del Comicon l’altra settimana, capito allo stand di Magic Press, e noto i tre volumi di Lost Girls in vendita a prezzo ribassato. Mi pare indelicato indagare, ma questa svendita mi sembra un indizio di qualche problema nelle vendite del prodotto – tanto più che non devo nemmeno chiederlo e (in virtù del mio essere un noto critico) vengo facilmente omaggiato dell’opera, con il suggerimento che magari un po’ ne parli. Ecco, ne parlo, ma non per riconoscenza rispetto al (comunque gradito) omaggio. Ne parlo perché il lavoro di Alan Moore e Melinda Gebbie mi pone un problema, e i problemi sono sempre qualcosa di interessante di cui parlare.
Lost Girls è nato nel 1991, per la rivista/almanacco Taboo, e su quella avevo, all’epoca, letto qualche episodio sparso. Non mi aveva colpito molto; ma non si può basare un giudizio solo su degli scampoli. E solo adesso, finalmente, l’ho letto per intero. La versione in volume (dopo sedici anni di produzione) è solo del 2006 (negli USA) e del 2008 (in UK e in Italia). Negli USA ha venduto moltissimo. Qui, non so in verità, ma ho il sospetto che non sia andata allo stesso modo.
Intendiamoci: se è andata così non è colpa dell’edizione. I tre volumi della Magic sono molto belli e ben stampati. La traduzione non mostra negligenze (potrei anche dire che è buona, ma non ho sottomano l’originale per confronto). Tutto, di quello che un editore può fare, mi pare sostanzialmente al meglio.
E allora come mai un’opera che si presenta esplicitamente (parole del suo autore) come pornografica, che è piena di sesso esplicito, e che è stata scritta da uno dei più celebrati autori di fumetti al mondo, finisce per essere venduta sottocosto? Potrebbe essere solo che ne hanno stampato troppe copie e, pur avendone vendute molte, molte ne sono anche rimaste. Certo, potrebbe essere benissimo così.
Però, dovendo giudicare sulla base dell’effetto che il lavoro di Moore e della Gebbie ha fatto su di me, non sarei stupito dal sapere che non ha venduto gran che. Ma andiamo con ordine.
Un’opera pornografica, dicevamo, e quindi ovviamente piena di sesso esplicito, e di tutti i tipi: un catalogo abbastanza completo. Questo, di per sé, dovrebbe essere già un motivo per essere apprezzata e comperata da un maschio adulto italiano. E l’ha scritta Alan Moore, e dunque l’opera è piena, anzi rigurgitante di citazioni letterarie; anzi è interamente costruita su citazioni letterarie rivoltate in termini erotici (per i dettagli, se non conoscete l’opera, date un’occhiata alla voce di Wikipedia, ma quella in inglese; in italiano è molto succinta). Descritta così, Lost Girls dovrebbe essere una chicca per un maschio intellettuale, che potrebbe solleticare insieme sia il suo eros che la sua sensibilità culturale – non foss’altro per la somiglianza che, data già solo questa descrizione, essa porterebbe nei confronti di opere del marchese De Sade, tipo La filosofia nel boudoir.
Sarà forse perché, tolto qualche sprazzo, io mi annoio anche a leggere De Sade; ma questo Lost Girls, tolto qualche sprazzo, finisce per apparirmi di una noia mortale. Non è colpa della Gebbie, credo. Come disegnatrice magari lei non è Brian Bolland o Brian Talbot; però se la cava comunque meglio di Dave Gibbons, e se pensiamo a cosa Moore è riuscito a tirar fuori da Gibbons, non sarebbe dovuto essergli difficile tirarlo fuori pure da lei.
Il problema, io credo, è proprio Alan Moore. Siamo tutti d’accordo (e io per primo) che Watchmen è una delle opere chiave della storia del fumetto; geniale e intrigante sia nel soggetto che nel modo in cui è stato poi sceneggiato. Ho adorato Swamp Thing del periodo Moore, e apprezzato moltissimo varie altre cose successive scritte da lui. Ma non tutte. A forza di leggere, per esempio, le storie superomistiche di Moore (anche quelle che sono in verità delle parodie), si sviluppa una specie di stanchezza per i suoi dialoghi interminabili durante altrettanto interminabili passeggiate, e per il rigore geometrico delle sue simmetriche progressioni narrative – persino quando poi si resta a bocca aperta per l’intelligenza di certe sue soluzioni.
Ecco il punto. Leggete Lost Girls, e dopo un po’ sarete prigionieri dei suoi giochi letterari. E, a questo punto, o vi divertite a scoprire a cosa si sta riferendo o che cosa sta citando l’autore, oppure incominciate a essere un po’ stufi di racconti paralleli, di simmetrie di design, di paragoni tra realtà e storie nella storia (ricordate a mente o riportate da un libro). A un certo punto questa dimensione cerebrale diventerà talmente ossessionante che poco importerà che sotto i vostri occhi si stia svolgendo un’orgia oppure un dibattito culturale.
Lost Girls è così. Siccome la pornografia è di solito (su questo Moore ha ragione) il regno del banale e del noioso, insomma del brutto, teniamola come tema di sfondo, come occasione per parlare d’altro. Eppure questo altro, non potendo appoggiarsi qui che sulla pornografia, finisce per apparire freddo e astruso, un divertissement intellettuale – o, se preferite, visto il tema, una masturbazione mentale. Alla fine, il libro è pornografico e insieme non lo è, perché è troppo intellettuale; tutto si vede, del sesso, anche troppo, ma dopo un po’ non ce ne importa nulla. Perché quello che manca (quasi) interamente in queste pagine, incredibilmente, sembra essere proprio l’eros, quella cosa che ammicca e ci eccita.
Sarà magari perché Lost Girls è nato per essere fruito in brevi episodi di otto pagine, e non in un unica sequenza di duecentoquaranta. Magari, a leggerne una alla settimana, l’eros potrebbe anche rimanere in vista. Ma non mi sembra che l’eros interessi davvero a Moore; si ha piuttosto l’impressione che gli interessi il gioco geometrico degli incastri letterari, il riuscire a riraccontare coerentemente in termini erotici la storia di Alice (in Worderland), quella di Dorothy (nel regno di Oz) e quella di Wendy (alle prese con Peter Pan). Una sorta di parole incrociate di alto bordo, insomma, che funziona (e come funziona!) quando la posta è quella del racconto critico sui supereroi; ma che davvero fa fatica a incocciarsi con l’eros, quello che prende!
Alla fin dei conti, la cosa più erotica che ho trovato in Lost Girls è l’idea che ci fosse uno sceneggiatore maschio che scriveva delle storie pornografiche per farle disegnare a un’artista femmina, la quale si trovava così “costretta” a dare figura (grafica) alle fantasie (spiegate a parole) di lui. Non c’è molto da stupirsi che alla fine dell’impresa i due si siano sposati: lo ammette lo stesso Moore.
“I’d recommend to anybody working on their relationship that they should try embarking on a 16-year elaborate pornography together,” joked Moore. “I think they’ll find it works wonders.” (da qui)
Fra l’altro Moore mi disse che lui non è fruitore di pornografia, se non quella “vintage” vittoriana, quindi forse la sua sensibilità erotica non è proprio al passo con i tempi, a livello di sollazzo puro e semplice.
Forse è proprio la concezione di pornografia che è inesatta. Credo che il paragone accennato fra De Sade e Lost Girl sia azzeccato e che andrebbe approfondito maggiormente. Infatti in entrambi l’accumulo di situazioni erotiche, la loro strutturazione geometrica, l’intellettualismo, hanno il preciso effetto (nel caso di Moore non so se anche l’intenzione) di svestire l’atto sessuale della sua carica sensuale e farlo diventare una riflessione fatta carne, riguardante più la politica che il sesso, per quanto i due ambiti possano essere separati. Faccio una certa fatica ad associare il termine pornografia a qualcosa di diverso da un video pornografico. La rappresentazione della pornografia secondo me non è possibile. E’ un genere che nasce con il cinema e muore fuori dall’ambito video. Non credo nel fumetto porno come non credo nei racconti pornografici. Per semplificare, se non c’è penetrazione reale o nessun altro sessuale non si può parlare, almeno non in senso stretto, di pornografia
Forse è proprio la concezione di pornografia che è inesatta. Credo che il paragone accennato fra De Sade e Lost Girl sia azzeccato e che andrebbe approfondito maggiormente. Infatti in entrambi l’accumulo di situazioni erotiche, la loro strutturazione geometrica, l’intellettualismo, hanno il preciso effetto (nel caso di Moore non so se anche l’intenzione) di svestire l’atto sessuale della sua carica sensuale e farlo diventare una riflessione fatta carne, riguardante più la politica che il sesso, per quanto i due ambiti possano essere separati. Faccio una certa fatica ad associare il termine pornografia a qualcosa di diverso da un video pornografico. La rappresentazione della pornografia secondo me non è possibile. E’ un genere che nasce con il cinema e muore fuori dall’ambito video. Non credo nel fumetto porno come non credo nei racconti pornografici. Per semplificare, se non c’è penetrazione reale o nessun altro sessuale non si può parlare, almeno non in senso stretto, di pornografia
Premesso che il tuo discorso magari può filare, è stato Moore stesso a parlare di pornografia, eh.
“We wanted something that was not rigorously politically correct, still a genuine work of pornography”
http://sardinianconnection.blogspot.it/2008/07/alan-moore-interview-4.html
Lo so lo so, ma anche il geometrico Alan Moore può dire imprecisioni o altro 🙂
Non è detto che se dichiaro di fare pornografia la faccio realmente
la faccia
Beh, secondo me, ed è quello che dice Barbieri, penso, formalmente LG è pornografia, ma non ottiene l’effetto di sollazzo dei pornazzi perché sovraccaricato di significanti e significati (non è un male, solo un fatto). Occhio che si rischia di cadere in un ginepraio per cui viene fuori che si possono dare patenti di pornografia di serie A e di serie B, una sorta di dibattito in stile “graphic novel” della pornografia.
La mia sensazione è che Moore abbia voluto essere provocatorio sia con la dichiarazione (“faccio pornografia, non arte”) sia con l’opera, e che l’erotismo non abbia niente a che fare con “Lost Girls”. Come in De Sade, il sesso è sempre metafora di qualcos’altro, con il vantaggio che, in quanto sesso, richiama l’attenzione e appare provocatorio. Il problema di “Lost Girls”, secondo me, è proprio che, per mantenere la distanza oggettivante, e per far percepire quindi il proprio discorso come metaforico o allegorico, il discorso rimane gelido e estremamente intellettualistico. Sembra di fare le parole crociate, o risolvere un rebus; attività che hanno certamente un certo loro gusto, ma io non ne sono un patito. Watchmen o Swamp Thing (e altre cose ancora) sono emozionanti, e la gelida rete dei rimandi concettuali che è presente anche in loro prende un senso tutto diverso, inserita com’è in un racconto così intrigante. Qui, dove il racconto resta freddo (e lo deve essere, sennò avremmo erotismo – cioè tutta un’altra cosa), io vedo solo il meccanismo logico, e non riesco ad appassionarmi.
Boh, vi invito a leggere la mia intervista a Moore su Sardinian Connection, perché mi sa che gli state attribuendo intenzioni che non ha. E le domande gli sono state poste specificamente. 🙂
Leggerò 🙂 Comqune ho la stessa sensazione che ha Barbieri su Lost Girl al riguardo di Promethea America’s Best Comics. Però in realtà non trovo Lost Girls così gelido. Non lo trovo eccitante, forse trovo il gioco di reintrepretazione dell’infanzia e della scoperta, malata o meno, della sessualità attraverso la reintepretazione delle tre opere per l’infanzia un po’ rigida e aprioristica, a volte, ma credo che l’umanesimo di Moore emerga prepotentemente e che il moltiplicarsi dei punti di vista renda la riflessione particolarmente interessante, per non parlare di alcuni ‘pezzi di bravura’, come la sequenza della Sagra della primavera.
Antonio Solinas, non parlo di patenti di serie A e di serie B. Parlo di pornografia e non pornografia. Mi linki l’intervista?
http://sardinianconnection.blogspot.it/2008/07/alan-moore-interview-1.html
Andrea, dicevo solo che ci sono dei rischi, nel ragionamento. Non che tu stessi ragionando male.
Andrea, pezzi di bravura ce ne sono moltissimi; potremmo dire che “Lost Girls” è un succedersi di pezzi di bravura, come l’esecuzione di uno straordinario virtuoso.
ah, ma è infinita, ed in inglese. Credo che la leggerò con calma, ora dal lavoro non riesco.
🙂
In Italiano uscì su Scuola di Fumetto e su Blue. Non ho sottomano una copia da girarti, ora. 🙂
L’intervista la conoscevo; è molto interessante. Adesso le ho ridato un’occhiata e le cose che Moore dice mi sembrano compatibili con quelle che dico io. Parlava di pornografia per non essere accusato di pornografia; ma il tema è sempre la pornografia e l’uso che se ne può fare. Semmai, è singolare che dalla passione (o noia) per i supereroi abbia ricavato quella cosa fantastica che è “Watchmen”, e che qui invece sia riuscito a ottenere solo una sequenza di pezzi di bravura. Ciascuno, in fin dei conti, ha il proprio eros; e non è mica necessario che abbia a che fare col sesso, no?
Ok ok, se ti ricordi il numero vedo se ce l’ho nella mia collezione. Altrimenti mi armo di pazienza e me la leggo in inglese (scusa ma mi sono alzato alle 4.30 e non ho la testa)
No, anzi. L’estetica superomistica puo anche essere descritta come eros senza copula. Comunque io ho molto apprezzato il lavoro della Gebbie su Lost Girl, anche perché smorza, anche con qualche momento di lucida banalità, la freddezza dell’assunto del Marito.
Andrea, può darsi che sulla Gebbie tu abbia ragione
Ed è compatibile con quello che dicono anche loro. Per il discorso del senso del tuo post, Daniele, mi pare che siamo abbastanza d’accordo. L’unica cosa che mettevo in evidenza erano alcune piccole assunzioni secondo me leggermente non centrate, basandomi su quanto detto da Moore. Ma ciò non cambia che il senso del post sia condivisibile.
Certo, anche perché quello che dice Moore del suo lavoro non è necessariamente quello che Moore ottiene dal suo lavoro
Beh, le premesse però sono importanti. Se lui dice di aver voluto fare un fumetto pornografico, e dice di non aver voluto essere controverso, non me la sentirei di dire “Ha voluto fare un fumetto non pornografico”. Le intenzioni le ha palesate eccome…
Parliamo e non ci capiamo. Io non affermo che lui non ha voluto fare un fumetto pornografico. Al limite posso affermare una serie di altre cose. Schematizzo: 1) Voleva fare un fumetto pornografico ma non è riuscito a fare un fumetto pornografico 2) Voleva fare un fumetto pornografico ma non ha potuto fare un fumetto pornografico perché, come ho detto prima, forse non si può fare pornografia a fumetti 3) Voleva fare un fumetto pornografico ma non ha potuto fare un fumetto pornografico perché la cosa non era effettivamente nelle sue corde. Sono ipotesi, naturalmente, che valgono per ogni autori. Intenzioni e risultati non coincidono per forza. Non discuto mai le intenzioni, specie se esplicitate, ma i risultati sì.
Per me (e per molti, direi) la pornografia, anche con l’aiuto della fredda semantica, è la raffigurazione esplicita di atti sessuali. Quindi per me Lost Girls è un fumetto pornografico (come da intenzione). Poi, che l’effetto di sollazzo sia attutito da sovrastrutture che rendono il fumetto meno eccitante del pornazzo classico ma magari più valido da altri punti di vista, è un altro discorso, questo dico. C’è gente che tromba e si vede esplicitamente? È pornografia. Tutto il resto è discettare (appropriatamente?) del sesso degli angeli.
Seguendo la fredda semantica dovresti avere la pornografia solo quando disegni prostitute.
(che per definizione trombano)
Non è detto. Come dicevamo prima, il sesso, anche più ‘estremo’ non si esaurisce e a volte non comprende neanche la copula. Cavolo, il sesso è roba complicata 🙂
Su questo concordo. Infatti non è detto che la pornografia sia eccitante. Mi sa che stiamo dicendo tutti la stessa cosa senza capirci.
[…] partiamo dalla riflessione che Barbieri faceva qualche settimana fa sul suo blog (qui) su un’altra opera del bardo di Northampton: Lost Girls. Qua l’intento di Moore era […]