Non si può non notare il debito nei confronti di Gipi e dei suoi paesaggi luminosi dal cielo enorme, sin dalla prima pagina di Blast; come anche, spesso, nel rapporto tra il segno del pennino e i grigi della colorazione. Manu Larcenet è però un autore troppo originale e capace, e il debito, indubbio, appare perfettamente digerito. Come pure ben digerito appare l’altro debito, ancora più netto e forte, quello narrativo nei confronti di Georges Simenon: proprio come in Lettera al mio giudice o ne La camera azzurra, un reo confesso racconta infatti qui ai rappresentanti della giustizia i precedenti di un delitto di cui sappiamo solo che c’è stato, mentre nulla sappiamo del chi l’abbia subito, del cosa e del come.
Colui che racconta è un uomo di una grassezza enorme, quasi ripugnante, uno che, in seguito alla morte del padre, è fuggito dalla vita tutto sommato normale che conduceva. Scomparso il padre, è svanito anche il principio del dovere, quello che lo teneva legato alla vita civile, e la sua irrequietezza interiore ha preso il sopravvento, rendendolo un clochard, alla ricerca di qualcosa che nemmeno a lui è chiaro, ma è certamente diverso. E, di quando in quando arriva il blast.
Il blast è uno stato mentale di illuminazione, che giunge d’improvviso, e ti travolge, ti trasporta altrove, ti fa vedere i colori di un universo altrimenti in bianco e nero. In preda al blast il pesante protagonista può volare, può trovarsi di fronte ai mohai dell’Isola di Pasqua.
L’imputato è poetico e ironico nel suo racconto, di fronte a due poliziotti che non capiscono, ma sono costretti ad ascoltare. È profondo come un colpevole di Simenon, che ormai non ha remore nel raccontarsi – ma qui, poi, il racconto è sostanzilmente visivo.
Se conoscete Larcenet per le sue prove recenti (Lo scontro quotidiano, Ritorno alla terra) avrete in mente un umorista sottile e profondo, dal tratto semplice e arguto, adatto alle gag, e che lavora sui piccoli sentimenti della quotidianità. Qui siamo altrove. La sensibilità dell’autore è la stessa, ma ci troviamo all’interno di una grande storia, dai toni drammatici, di cui il volume di cui sto parlando rappresenta solo il primo episodio. Quel medesimo tratto viene a raccontare adesso una storia estrema.
Forse davvero Larcenet ha imparato da Gipi a utilizzare strumenti umoristici, insieme a strumenti lirici, per raccontare il dramma; a usare il paesaggio per rendere gli stati d’animo, ad alternare ironia e intensità, pennino e pennello. Questo Blast è comunque una bella sorpresa, di cui si aspetta davvero il seguito, come nel più avvincente dei gialli esistenzialisti e disperati del grande scrittore belga.
[…] uscito per Coconino il secondo episodio di Blast. Del primo ho parlato in termini entusiastici qui. Del secondo volume dovrei parlare in termini altrettanto entusiastici, ma preferisco rinviare a […]
E io che l’ho scoperto solo adesso, il Blast… Di Larcenet avevo già letto diverse cose, tra cui “Le Combat ordinaire”, “Le retour à la terre”, “Le sens de la vis”, “On fera avec” (questi ultimi due forse non ancora tradotti in Italia). Ma con “Blast” è arrivato il mio personalissimo… Blast, appunto. Un’esperienza di trascendenza tra il nirvana e l’orgasmo del corpo intero. Quella liberazione dalla prigione del corpo (e non solo del corpo) a me parla moltissimo: mi immedismo incredibilmente nel protagonista da sempre obeso.
Larcenet ha all’attivo, oltre che una produzione sterminata, anche venti anni pieni di psicoanalisi, tutt’ora in corso. E la costellazione delle sue ossessioni illumina ogni singola vignetta di questa storia davvero memorabile. È uscito qui in Francia da poco il quarto e ultimo volume: non vedo semplicemente l’ora. L’influenza di Gipi è palpabile, ma c’è anche Sempé, nei suoi tratti minimi della città, ad esempio; e mi è tornato in mente anche un vecchio bonelliano, “Sette anime dannate”, uno speciale Dylan Dog insudiciato dalle ombre inconsce degli inchiostri di Corrado Roi…
Sono tornato a cercare Blast qui sul tuo blog, e mi rallegro di vedere confermato il mio presentimento: ti è garbato, di molto! 🙂
Grazie per questo blog.