Siate sinceri. Quanto vi ci è voluto per capire che cosa inquadra questa foto? Mezzo secondo almeno i più veloci, direi; un secondo e più gli altri, ammesso che alla fine l’abbiate capito. Se ancora non ci siete arrivati non è un disonore, anche se il faretto in basso a destra è una buona chiave per arrivarci.
Oggi questa meravigliosa volta a vela non è più così. C’è stato un restauro, i muri sono stati ridipinti con un colore più giallastro, le bocche di luce oscurate per permettere le proiezioni. Scelte estetiche (discutibili) e necessità funzionali (inevitabili – peccato!).
Francesco di Giorgio Martini era un genio. Il funzionalismo di 450 anni dopo non ha fatto che riscoprire quello che lui già sapeva – anche se modulato nelle forme del suo tempo. E tra le cose che il suo tempo gli insegnava c’è anche il fatto che nemmeno in architettura è necessario che la ripetizione debba avere necessariamente parametri omogenei. Qualche volta l’omogeneità ci vuole, ma in qualche altro caso possono cambiare distanze e dimensioni (e chissà cos’altro) purché non si perda il senso dell’iterazione e del ritmo – il quale anzi può persino risultarne arricchito.
È un po’ come con le onde del mare. Non possiamo certo sostenere che non definiscano un’iterazione e un ritmo, ma non ci sono due onde uguali o con il medesimo periodo. Lo stesso vale per queste straordinarie bocche di luce nella volta a vela, che sembrano altrettante fiammelle di candela incurvate dal vento.
D’altra parte, se cancellassi qualche dettaglio, e rendessi un po’ più indistinto il tutto in modo da far scomparire la grana dei muri, potrei ben spacciare questa immagine per un dipinto astratto, una sorta di Lucio Fontana curvilineo. Ma chi era fan di chi? Oppure è solo nella mia testa che si creano questi collegamenti?
“…fiammelle di candela incurvate dal vento”
straordinario!!