Magnus, la grande ossessione
Il Sole 24 Ore, 26 novembre 1995
Una riedizione a distanza di oltre dieci anni è sempre l’occasione per una riconsiderazione e per un bilancio del valore di un testo. Magnus pubblicò per la prima volta L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara sulla rivista Orient Express, nel 1983, come ultimo episodio della serie Lo Sconosciuto. Era un testo difficile, che la divisione in episodi mensili rendeva ancora più complicato e faticoso da tener fermo alla mente. Ma era anche, fin da allora, un testo che affascinava pure dove non lo si comprendeva, e non solo per la bellezza e la particolarità del disegno di Magnus, ma per il senso di intrigo, di corruzione e di morte che, per così dire, trasuda da ogni pagina, da ogni vignetta.
Un oscuro medico boliviano, cocainomane, in stretto contatto sia con l’autorità che con il mondo del traffico di droga, non riesce a liberarsi dell’ossessione dell’unico evento degno di memoria della sua vita: lui è l’uomo che, quindici anni prima, ha ucciso Ernesto Guevara, il “Che”, catturato e ferito dai soldati governativi. Giovane medico incaricato di vegliare il prigioniero, aveva ricevuto l’ordine segreto di finirlo, e l’aveva eseguito, contro la propria morale e il proprio codice deontologico. Quel gesto segnerà la sua vita, sino a portarlo, alla fine, a cercare di emulare le gesta dell’eroe in un disperato tentativo di riscattare la propria pochezza e vigliaccheria di tossicomane.
La storia gira e rigira attorno a un’ossessione che si fa, pagina dopo pagina, sempre più drammatica e presente, mentre ha luogo attorno al personaggio principale una vicenda intricata di spionaggio e di traffico di droga, in cui anche i personaggi dall’aria più onesta e impegnata trovano il proprio tornaconto in chilogrammi di cocaina. Le figure diventano progressivamente più nette, da ambigue comparse quali spesso appaiono nelle prime pagine sino a personaggi a tutto tondo, scavati nella loro personalità e nella loro doppiezza – o, meglio, molteplicità, perché ciascuno gioca per più fazioni, oltre che per se stesso.
Non tutto si capisce perché non tutto si deve capire. Quello che emerge chiaro, evidente, nel suo percorso narrativo, è il rivolgimento interiore dell’uomo che uccise Che Guevara. Il resto è oscuro come è oscuro il mondo che mescola il potere e il commercio di droga, dove forse nessuno conosce le vere ragioni degli altri e del mondo che lo circonda, ma l’unica cosa che conta è il proprio tornaconto personale. E sembra che l’unica cosa degna di nota, di memoria, di emersione da questa melma, sia in fondo la propria rivolta personale, la ribellione disperata e magari inutile in nome di un eroe in cui nessuno crede più – magari proprio perché, molti anni prima, se ne è stati l’assassino.
Dieci anni dopo, la rilettura del testo di Magnus – uno tra i più belli dei tantissimi fumetti che questo autore ha prodotto dagli anni sessanta ad oggi – non rivela nemmeno una crepa nel ritmo serrato, incalzante, ossessivo degli eventi e dei disegni. E neppure il tema, ora che un ulteriore decennio ci allontana dalla morte del Che, sembra risentirne: ci sono storie, infatti, che non hanno attualità, o che l’hanno sempre, perché il legame col presente della loro produzione appare del tutto irrilevante. Ciò di cui si parla in questo racconto ha a che fare più con le ragioni che hanno reso Guevara un mito, qualunque valutazione politica ne vogliamo poi dare, piuttosto che con quelle che l’hanno reso una moda, passeggera come tutte, e ormai passata.
Magnus, Lo Sconosciuto: L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara, Granata Press. pagg. 80, £. 10.000
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