È uscito per Coconino il secondo episodio di Blast. Del primo ho parlato in termini entusiastici qui. Del secondo volume dovrei parlare in termini altrettanto entusiastici, ma preferisco rinviare a quello che ho già scritto allora.
Voglio aggiungere solo due cose.
La prima, breve, è che ho la sensazione di trovarmi di fronte a un’opera memorabile, di quelle che lasciano il segno nella storia del fumetto. Ma di questo riparliamo tra una ventina d’anni.
La seconda, un po’ più lunga, è che su questo episodio l’ombra di Simenon si è fatta molto più lieve. Si fatica persino a ricordare che il protagonista sta raccontando una storia che dovrebbe portare a un omicidio. Ma la storia, nel frattempo, è così coinvolgente di per sé che il lettore (cioè io, e magari pure voi) ci si tuffa dentro e ci nuota con grande piacere. La cosa strana, però, è che questo succede nonostante la tensione verso la rivelazione finale si sia molto allentata rispetto al primo episodio: là tutto ci spingeva a leggere gli eventi come premessa al misterioso omicidio; qua l’omicidio è decisamente sul fondo, e stanno in primo piano degli eventi che non sembrano delineare una storia con un qualche fine riconoscibile. Il protagonista, si direbbe, vive, e basta; ed è il suo particolarissimo approccio al mondo a fare la parte del leone, nel gusto del racconto.
È assai probabile che in un prossimo episodio la tensione verso il sapere come è accaduto l’omicidio torni a essere centrale; ma per adesso va benissimo così, con questa fascinosa semidigressione, e questo gusto (anche del protagonista) di raccontare, raccontare, raccontare semplicemente il proprio vissuto.
Da non perdere (a partire dal primo volume, ovviamente).
Da un’intervista a Larcenet, in francese (traduzione mia):
«Sono andato da uno psicoanalista, perché la mia vita era diventata impossibile, ero stato anche internato e… andava molto male. Era la mia ultima possibilità, quindi sono andato da uno psicoanalista, ma non sapevo cosa dirgli, perché quando non vedi qualcuno così, per la prima volta, non sai cosa bene dirgli. E lui mi ha detto qualcosa che mi ha segnato, che è di una banalità impressionante in realtà… Mi ha detto: «I suoi problemi sono arroccati in mezzo ad una valle, e lei ci sta messo contro, con il naso. I suoi problemi non scompariranno mai. Ma un giorno, con un po’ di fortuna, sarà in grado di distaccarsi e forse potrà guardarli tutt’intorno». È stupido, eppure per me è stato come un lampo. E questo fumetto, Blast, ne è il risultato: mi sono riuscito a distaccare abbastanza dalle mie ossessioni per poterne parlare. Non sono certo sparite, niente è sparito, mio padre non è sparito, l’angoscia dello smembramento, dell’obesità, e tutte queste cose che mi travagliano in modo insidioso tutti i giorni, non sono sparite, nessuna di loro è sparita. Semplicemente, cambio angolazione per guardarle».