Il Ridley Scott della biacca e del pastello
Il Sole 24 Ore, 13 dicembre 1998
Se Enki Bilal ci aveva abituato, in passato, a trame complesse e fantasiose, messe in scena con un disegno che del realismo ha solo l’apparenza – un po’ alla Toulouse-Lautrec – con Il sonno del mostro ci troviamo improvvisamente un passo ancora più in là nelle medesime direzioni. Nella New York del 2026, l’informatico Nike Hatzfeld riesce a mettere a punto una tecnica per ricordare i suoi primissimi giorni di vita, trentatré anni prima, a Sarajevo, quando giaceva, da subito orfano, in un lettino di un ospedale semidistrutto, a fianco di altri due neonati nelle sue stesse condizioni. Nike ricorda il diciottesimo giorno di vita, e andrà ancora più indietro; ma vuole soprattutto ritrovare i suoi due confratelli, che la vita ha destinato a storie del tutto diverse. La storia di Nike si incrocia con quella di una setta integralista plurireligiosa, che ha acquisito un enorme potere e intende acquisirne ancora di più, soggiogando i corpi e le menti.
Si potrebbe definire una storia degna del Blade Runner di Ridley Scott, se non fosse Scott ad essere profondamente in debito col Bilal di qualche anno fa, e non viceversa. Ma qui, oltre alla storia coinvolgente, a dispetto o forse proprio grazie alla sua stranezza, c’è il disegno di Bilal a fare la parte del leone. Un disegno pienamente e sontuosamente narrativo, ricco di linee e di colori per definire una realtà incerta e sfuggente, continuamente debordante nell’allucinazione. Un disegno di matite e pastelli e biacca e carboncino e pennello per costruire una storia visiva dal ritmo al tempo stesso lento e incalzante.
Un po’ un peccato che l’edizione italiana di questo ennesimo capolavoro del grande parigino slavo Enki Bilal lasci un po’ a desiderare quanto a traduzione e lettering. Piccoli difetti che si dimenticano volentieri – anche se non proprio del tutto.
Enki Bilal
Il sonno del mostro
Alessandro Editore, Bologna 1998
pp. 70, £. 32.000
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