Ipertrofici muscoli da fumetto
Il Sole 24 Ore, 10 agosto 1997
Prima era un’entità di scarso rilievo: solo il necessario supporto materiale di un personaggio. Appena in alcune figure femminili la descrizione grafica sottolineava il corpo con qualche compiacimento. Del resto, poiché i fumetti erano sostanzialmente comics, funnies, roba fatta per ridere, il corpo era un’entità puramente funzionale al racconto e alle situazioni umoristiche.
Dal 1929 le cose iniziano a cambiare, e il protagonista di questo cambiamento si chiama Tarzan. Disegnato da Harold Foster, un autore di notevole talento grafico, il seminudo signore delle scimmie porta nel fumetto (così come nel cinema, all’incirca negli stessi anni) un gusto per le forme corporee che prima di allora era del tutto alieno a quel mondo. Forme maschili, con muscoli tesi e grazie acrobatiche, e forme femminili, languide e quasi altrettanto discinte.
Da Tarzan in poi, il corpo dei personaggi del fumetto non sarà più lo stesso. Alex Raymond, sulla scia di Foster, riempirà dal 1934 il suo Flash Gordon di atleti e conturbanti principesse, provocanti al punto che le edizioni italiane di questo fumetto non riuscivano sino a tutti gli anni Sessanta a evitare di coprire il loro corpo di improbabili tessuti colorati.
E’ ancora Tarzan a rilanciare il corpo maschile, quando, verso la fine degli anni Trenta, il suo disegno passa a Burne Hogart, un disegnatore innamorato di Michelangelo e dei suoi nudi muscolosi. Il Tarzan di Hogart è un’apoteosi del nudo – sempre coperto là dove si deve, beninteso, ma addirittura sfacciato nella sua atletica sensualità.
E’ nello stesso periodo che sulla scena del fumetto americano fa la sua comparsa Superman, con la sua corte di eroi superdotati. Il modello tarzanico è evidente in questi personaggi, ma nessuno può vantare autori con le capacità grafiche di Foster, Raymond o Hogart. I corpi dei supereroi sono possenti, sì, ma non è certo la muscolatura, o l’esposizione dei bicipiti, a poter giustificare la loro potenza – legata a provenienze aliene o a esperimenti segreti.
E poi questi nuovi eroi, a differenza dei vecchi, sono sempre vestiti da aderenti calzamaglie, e nemmeno si accorgono delle signore attorno a loro, le quali, vittime di questi sguardi neutri, non possono per nulla competere con le esotiche ed esibite grazie delle altre, le compagne o antagoniste degli eroi senza il prefisso “super”. Ed è così che il corpo femminile più sognato nei fumetti degli anni Quaranta è quello sinuoso e inguainato della Dragon Lady di Terry e i Piraty, disegnata da Milton Caniff, un contesto decisamente diverso da quello degli eroi “super”.
Il corpo dei supereroi, vigoroso ma eroticamente neutro, torna alla riscossa negli anni Sessanta, con le apoteosi muscolari di Jack Kirby, l’inventore grafico dei supereroi della Marvel, dai Fantastici Quattro all’Uomo Ragno. Muscoli, muscoli e muscoli. Scatenati in lotte furibonde contro altri muscoli appartenenti agli avversari. Disegnati, ora come non mai, con uno stile che ha assai pochi riferimenti nella storia del disegno, fatto di tratti di pennello grossi e angolati, estremamente antinaturale, certamente assai meno erotico di quello di Hogart o di Raymond, ma originalissimo e di grande efficacia. Con il segno grafico di Kirby, è un po’ come se il corpo del supereroe assomigliasse di più al corpo di una macchina: un carro armato potente e invincibile.
Ma gli anni Sessanta sono anche gli anni in cui Frank Frazetta riprende la sensualità dei corpi di Raymond, per disegnare storie di selvaggi e magie – dalle quali avrà origine, di lì a qualche anno, la saga infinita di Conan il Barbaro, creatura più corporea e sensuale che mai, dovuta al pennello di un altro raymondiano, John Buscema. Muscoli maschili e curve femminili ne sono evidentemente il piatto forte, con una ricetta che non ha ancora smesso oggi di funzionare.
Anche i supereroi, presto o tardi, abbandonano il corpo modello Kirby. Alla struttura da carro armato, di cui Hulk e la Cosa erano gli esemplari migliori, negli anni Settanta Neal Adams contrappone un corpo atletico sì ma allungato, fino quasi, talvolta, a un eleganza che nasconde i muscoli. L’eroe diventa un bel tenebroso, cui si affiancano bellezze femminili singolari: il corpo è sempre lì, al centro del discorso, ma una volta tanto senza ostentazione di muscoli o di curve.
Il ritorno del modello Kirby è evidente in Frank Miller e nei suoi eroi rivisitati degli anni Ottanta, ma lo spirito di Miller è tutt’altro da quello di Kirby, e i corpi ipertrofici dei suoi personaggi sono del tutto assorbiti da un meccanismo narrativo che non lascia tempo per soffermarsi a riflettere su di loro. I corpi ci sono, insomma, ostentati e grandiosi; ma tutto nel racconto ci spinge ad ignorarne la fisicità.
E’ invece ed infine Todd McFarlane, all’inizio degli anni Novanta, a fare del corpo degli eroi l’oggetto stesso del racconto. Muscoli maschili e curve femminili disegnati con un segno grafico che sembra disegnare carni anche quando disegna oggetti – e tuttavia carni e oggetti quasi dematerializzati, di un erotismo statuario e ginnico, con eroine degne della passerella di miss Universo, ed eroi che potrebbero fare i modelli per Vogue, tutti e sempre eleganti e perfetti.
Corpi bellissimi di cera, su cui si immagina appoggiare una mano senza trovare la lieve cedevolezza della carne, ma una fredda ed eterna levigatezza. Non diversi, in questo, dagli eroi del fumetto giapponese, che a questo arrivano però con una storia assai differente. Diversi, certamente, dai corpi che si preferirebbe poter desiderare nel mondo incantato del mito, sia pure un mito da $ 2.50 mensili.
Ricordo un bel saggio che analizzava l’evoluzione anatomie dei supereroi dalle origini agli anni ’80-’90, mostrando come si passi da un modello tutto sommato compatto (il corpo, che contiene le varie fasce muscolari) a un modello in cui le masse muscolari sembrano via via prendere vita autonoma: bicipiti, deltoidi, addominali, quadricipiti, ognuno che sembra gonfiarsi e schizzare fuori per conto proprio.
Purtroppo non ricordo più la fonte, ma era sicuramente un volume collettaneo, di almeno 15-20 anni fa.
Questo tuo vecchio articolo mi ha fatto tornare in mente Lou Ferrigno e il suo Hulk televisivo. E di seguito tutte le trasposizioni televisive e cinematografiche dei vari supereroi. È certo che si adoperassero degli attori dai corpi realmente somiglianti a quelli disegnati, ad esempio, da McFarlane, organizzando il casting direttamente ai concorsi di Mr Olympia, il risultato sarebbe ridicolo, se non disgustoso. Nella realtà un corpo dalla muscolatura ipertrofica appare falso: il suo posto è sulle passerelle, o sulle copertine di Flex, più che nelle avventure d’azione e spesso anche psicologicamente ricche del fumetto americano tradotto in pellicola. Perché un personaggio bodybuilder appare “accettabile” quando è disegnato e diviene ridicolo in una sua fedele trasposizione cine-fotografica?