Ritrovate Alack Sinner
Il Sole 24 Ore, 26 maggio 1996
Per circa un decennio, dalla metà degli anni Settanta alla metà degli Ottanta, il fumetto italiano ha vissuto una stagione magica, per creatività degli autori e attenzione del pubblico. In quegli anni il racconto a fumetti è diventato in Italia un prodotto adulto e raffinato, spesso libero di esprimere al meglio una vocazione espressionista ed intimista, un tentativo di raccontare quello che a fumetti non si era mai raccontato.
All’origine di questa fioritura sta, con particolare rilievo ed enorme rispetto da parte di tutti gli autori che ne hanno seguito le tracce, una coppia di autori argentini, allora esuli politici, venuti a pubblicare sulle nostre riviste – invertendo una tradizione che vedeva gli autori italiani emigrare a Buenos Aires, con Hugo Pratt tra i tanti. Si tratta di José Muñoz e Carlos Sampayo, rispettivamente disegnatore e sceneggiatore di una serie iniziata nel 1975, e intitolata Alack Sinner.
Benché si trattasse di una serie poliziesca di ispirazione chandleriana, sin dall’inizio Alack Sinner aveva colpito più per l’intensità emotiva, caricata magistralmente dal segno difficile di Muñoz, che non per l’intricatezza degli enigmi. Nel giro di qualche anno dei temi classici della detective story in Alack Sinner restava sempre meno, e una dopo l’altra le storie diventavano vicende di umanità, amicizia e disperazione metropolitana. Il nome del protagonista (che, in inglese suona come: io, povero peccatore) corrispondeva sempre di più al programma narrativo che veniva svolto.
Con la storia Trovare e ritrovare, del 1981, l’introverso, difficile Alack lascia la professione di investigatore. Per la prima volta non c’è nemmeno più la falsariga della detective story a condurre la trama. La vicenda di questo lungo racconto procede per episodi: Alack va a trovare il padre, che non vede da lungo tempo, e con cui non ha molto da dire, incrocia la sua indifferenza con la fama di Frank Sinatra, e gli eventi lo portano a reintrecciare la sua vita con quella di Enfer, una donna di colore con cui aveva avuto tempo prima una relazione. Sarà la notizia di aver avuto con lei una figlia a scuoterlo dalla propria melanconia, proprio mentre un poliziotto ubriaco cerca di ammazzarlo per antichi rancori e Sinner è costretto a difendersi, finendo in galera per omicidio.
La vicenda ha un finale problematico ma positivo. L’ex detective recupera un senso alla propria esistenza, anche attraverso le storie che apprende dai compagni di cella nel periodo in cui si trova in prigione. La paternità non si annuncia facile, ma è un occasione per non ripetere il rapporto da lui avuto con il proprio padre.
Il segno di Muñoz è tagliente, impietoso. Riempie i volti dei personaggi di segni di vita vissuta, oppure li lascia spogli, come maschere senza sentimento. I bianchi e neri netti, senza tinte intermedie disegnano spesso figure grottesche, violentemente caricaturali. E Sampayo racconta la storia di Sinner facendola attraversare da mille altre storie, così che la New York che ne esce appare davvero come un intrecciarsi di vite.
Dopo quindici anni dalla sua pubblicazione su rivista, questo testo cruciale, tanto amato da una generazione di autori e lettori di fumetti, esce finalmente in volume. Lo si rilegge con la stessa emozione di allora, con, in più, come l’impressione di ritrovare un vecchio e caro amico.
José Muñoz, Carlos Sampayo, Alack Sinner. Trovare e ritrovare, Milano, Hazard Edizioni
pp. 118, £. ***
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