Mano
Inedito per Il Sole 24 Ore, scritto il 18 marzo 1996
E’ un percorso di rigore quello che porta Maria Giovanna Anceschi e Stefano Ricci a creare Mano, fumetti scritti disegni, una rivista il cui primo numero è apparso da poco in libreria, e che contiamo di ritrovarvi ogni quattro mesi. Risalendo all’indietro in questo percorso potremmo reincontrare il lavoro di Ricci come illustratore, dotato di un segno difficile, ma davvero di rara profondità, creatore di immagini che richiedono una lettura attenta e ricompensano il loro lettore con intuizioni inquiete, echi e suggestioni che appaiono espresse e trattenute al tempo stesso.
Più di recente incontriamo un lavoro comune di promozione culturale, il caso singolare di una serigrafia che diviene al tempo stesso galleria, e dove le opere si trovano esposte nelle stesse sale dove si compie il lavoro di stampa. E’ la galleria Squadro di Bologna, dove si producono e si espongono le cartelle di serigrafie curate dalla Anceschi con la grafica di Ricci. Gli autori di queste serigrafie sono pittori, illustratori, fumettisti. Magnus, il grande disegnatore bolognese recentemente scomparso, è l’autore dell’ultima cartella prodotta. Seguirà Lorenzo Mattotti.
Con la stessa cura tenace, quasi ossessiva, con cui si realizzano le serigrafie, prova dopo prova, effetto materico dopo effetto materico, è stato realizzato questo primo numero di Mano. Il nome stesso è un programma, una dichiarazione di intenti a favore di una visione unitaria della comunicazione verbale e per immagini. La stessa mano scrive e disegna, produce significanti verbali e significanti visivi con la stessa leggerezza o con la stessa profondità. E’ ovvio che al centro di un programma di questo genere non può che esserci il fumetto, linguaggio verbo-visivo per eccellenza. Ma non è meno ovvio che letteratura e poesia, cinema, disegno e pittura siano i suoi compagni di strada inevitabili.
Contro l’analfabetismo dell’immagine, si potrebbe dire. Contro, cioè, l’abitudine di assorbire le immagini senza comprenderle, oscillando tra il voyeurismo della pubblicità e il feticismo dell’arte. Contro l’atteggiamento secondo cui la riflessione passa solo attraverso la parola, e l’immagine ne è, al più, un superfluo abbellimento.
Mano inizia con alcune rivisitazioni: vi sono Alfred Kubin e Diane Arbus che raccontano episodi cruciali della loro iniziazione all’immagine; e vi è un dialogo intrecciato tra Artaud e Balthus, del quale vengono presentati anche una serie di disegni per Cime Tempestose di Emily Brontë. Vi sono poi i disegni di Joseph Beuys e di Igort, cui fa seguito una nutrita sezione di fumetti per palati dal gusto educato: gli autori sono Jacques Faton e Philippe de Pierpont, Lorenzo Mattotti e Jerry Kramsky, Gabriella Giandelli e Lilia Ambrosi, Francesca Ghermandi e Massimo Semerano, Stefano Ricci, Onze e Francesca Astori. Conclude la sezione un giovane autore serbo, Aleksandar Zograf.
Il discorso prosegue abbordando il cinema e il suo rapporto con lo story-board, ovvero la versione disegnata della sceneggiatura. Ne parlano Thierry Groensteen, Terry Gilliam e Peter Greenaway. In fondo, ancora a cavallo tra la verbalità e la visività, Gianluigi Toccafondo, Ben Shahn, Alastair Reid e un sarcastico recupero di Osip Mandel’stam percorrono un evocato universo infantile.
Rivista di fumetti né più e né meno che d’altro, ma soprattutto rivista di cultura dell’immagine, nata in un momento difficilissimo per il fumetto italiano, Mano porta la propria proposta in libreria. Se vogliamo vedere la contrapposizione tra libreria ed edicola come una tra il duraturo e l’effimero (almeno in termini di memoria storica), la scelta di campo dei suoi ideatori è evidente. Da parte nostra, l’augurio di tutto cuore è che la rivista possa essere veramente duratura, e non soltanto come memoria.
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