E ‘Il Corvo’ è volato nel proiettore
Il Sole 24 Ore, 15 gennaio 1995
Nato con l’evidente proposito di diventare un mito, Il Corvo, di J.O’Barr, ce l’ha fatta, ed è trasvolato nel cinema, promettendo al suo autore gloria e guadagni altrimenti impensabili per un semplice autore di fumetti. Ma c’è davvero da domandarsi che rapporto ci sia tra il successo e l’abbuffata di luoghi comuni romantici e decadenti che questo testo a fumetti ci propone.
Al Corvo vanno riconosciuti comunque un certo numero di pregi. E’ un fumetto ben sceneggiato e discretamente disegnato, che sdipana la sua semplice storia di vendetta in un diluvio di citazioni letterarie. C’è dunque almeno da augurarsi che i suoi certamente numerosi lettori si sentano invitati a proseguire la lettura di Rimbaud e di Villon, di Poe, Hugo e di Dumas.
La storia è tutta qui: un gruppo di sbandati massacra senza ragione un giovane uomo e la sua compagna; lui risorge dalla tomba e li uccide, uno dopo l’altro. Una storia di rimpianto e di vendetta, dove le immagini di memoria della dolcezza del rapporto tra i due si contrappongono alla crudezza presente dei massacri. Il Corvo di Poe è un riferimento non meno ovvio ed evidente del Conte di Montecristo. Ma il risorto vendicatore ha il viso truccato come un pagliaccio, e la bocca allargata dal trucco ride anche nei momenti di peggiore disperazione – come succedeva all’Uomo che ride. Rimbaud e Villon sono semplicemente e ripetutamente citati, a mo’ di epigrafe e commento.
Aggiungiamo un tassello. Il protagonista ha le fattezze e gli atteggiamenti di un divo del rock, nello stile dark che andava di moda alcuni anni fa, e tutto il contorno – fidanzata e delinquenti compresi – appartiene alla mitologia di quell’ambiente. Ne emergono i lati più positivi e sentimentali nella descrizione del rapporto tra l’uomo e la sua compagna, e quelli più selvaggi, legati alla violenza e alla droga, nei ritratti di delinquenti e sbandati.
Ma la tonalità dominante del Corvo va cercata un passo ancora più in là. Pensiamo alla descrizione di un amore più scontata, romantica e da romanzo rosa che ci possa venire in mente. Poi pensiamo alla più decadente ed eccessiva rappresentazione del disperarsi. Infine, aggiungiamo la vendetta, con scene di massacro ed esibito piacere nel compimento della propria personale giustizia. L’accostamento e la contrapposizione tra queste tre componenti, tutte esasperate, e tutte facilmente riconducibili alle proprie appartenenze narrative, costituisce l’effetto dominante de Il Corvo.
C’è da domandarsi se il successo di quest’opera non sia il segnale di una tendenza in atto, cioè del ritorno in gran forza di motivi romantici e dark nella cultura giovanile. La prima uscita de Il Corvo risale al 1981, un anno in cui questi motivi erano forti. Pubblicando la storia intera in volume, nel 1993, O’Barr l’arricchisce con testi sulla storia della mitologia del corvo e con numerosi disegni in appendice, tutti con chiaro riferimento iconografico all’universo rock degli anni tra i Settanta e i primi Ottanta.
Il successo che quest’opera raggiunge solo adesso, dopo tutto questo tempo, lascia pensare che i tempi sono maturi per una nuova ondata di decadentismo e personali disperazioni. Non che i motivi per disperarsi possano mai mancare – ma il farne uno stile di vita, o un modello culturale, è certamente un’altra cosa. In altre parole, pare proprio che gli anni Ottanta siano sempre più lontani da noi.
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