Voy a dormir
Dientes de flores, cofia de rocío,
manos de hierbas, tú, nodriza fina,
tenme prestas las sábanas terrosas
y el edredón de musgos escardados.
Voy a dormir, nodriza mía, acuéstame.
Ponme una lámpara a la cabecera;
una constelación; la que te guste;
todas son buenas: bájala un poquito.
Déjame sola: oyes romper los brotes…
te acuna un pie celeste desde arriba
y un pájaro te traza unos compases
para que olvides… Gracias. Ah, un encargo:
si él llama nuevamente por teléfono
le dices que no insista, que he salido…
Vado a dormire
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, mia dolce balia,
tienmi pronte le lenzuola terrose
con il piumino di muschi strappati.
Vado a dormire, balia mia, preparami.
Metti una lampada sopra il mio letto;
una costellazione; quella che vuoi;
van bene tutte: abbassala un pochino.
Lasciami sola: senti i bocci che erompono…
ti culla dall’alto un piede celeste
e un uccello ti accenna qualche nota
perché dimentichi… Grazie. Ah, un incarico:
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, sono uscita…
.
Non sono di certo, io, uno di coloro che pensano che si debba saper tutto della vita di un autore, per capire o per apprezzare la sua opera. Certo, una qualche idea di dove sia stato scritto/disegnato/composto un certo lavoro la devo avere, e tanto più questa idea è precisa meglio è. Ma si tratta di una competenza, diciamo così, sociologica o antropologica, non certo psicologica.
Insomma, mi serve capire il contesto di produzione e ricezione di un’opera, ma non mi interessano le motivazioni psicologiche che hanno spinto l’autore: se un lavoro è buono, è perché trasmette qualcosa a coloro cui è destinato; è perché esprime in qualche modo uno spirito del tempo (e ce ne sono sempre tanti, ma non infiniti). Che l’autore stesse davvero raccontando le proprie turbe, o che si stesse inventando tutto, poco m’importa: l’io letterario (poetico o narrativo – in romanzi, fumetti, film…) è una costruzione testuale, e fa parte del gioco. La letteratura ha valore perché ci muove ci insegna ci turba ci spiega; non perché testimonia gli stati del suo autore.
Certo, testimoniare gli stati del suo autore può essere un buon modo per arrivare a muoverci insegnarci turbarci spiegarci, ma è un modo che ottiene buoni risultati quanto un altro, e solo il Romanticismo gli ha attribuito particolari privilegi.
Per questo sono molto colpito dal fatto che non riesco a smettere di rileggere questo sonetto di Alfonsina Storni (1892-1938), né a separarlo dall’idea del suo suicidio, avvenuto di fatto, per annegamento nel Mar del Plata, due giorni dopo aver spedito questi versi al giornale su cui pubblicava.
La poesia è molto bella (e spero, in questo mio tentativo di traduzione, che lo sia anche in italiano), ma quello che colpisce (me come tutti, credo) è quel dettaglio alla fine: quando il percorso di trasformazione sembra compiuto, è come se lei si risvegliasse per un attimo, ricordandosi di un lui, importante abbastanza per ricordarsene, non abbastanza per dirgli la verità. Un dettaglio di solitudine: tutta l’armonia trovata con la natura serve solo ad accettare con meno dolore la solitudine che emerge in questi ultimi versi.
Senza contare l’understatement dell’ultimissima clausola: “sono uscita”. All’apparenza una comunicazione banale, quello che si fa dire al telefono, o che si dice comunque tutti i giorni. Salvo che qui questa significazione banale ne nasconde un’altra, quella drammatica, dove “sono uscita” sta per “sono uscita di scena”, cioè non ci sono più.
Qualità dell’opera o meno, il collegamento con il suicidio della Storni è senz’altro la ragione principale della notorietà di questa poesia. C’è anche una canzone molto nota in ambiente latinoamericano, Alfonsina y el mar, dedicata all’episodio e a questi stessi versi.
Le morti drammatiche ci colpiscono sempre. E questo succede perché appartengono tematicamente all’universo stesso della letteratura. Una morte drammatica rende una vita degna di essere raccontata (per fortuna non è l’unica cosa che lo fa), e avvicina la realtà al mondo della fiction, che è un mondo di princìpi morali e di mitologie. Il suicidio della Storni proietta lei, per noi (certo non per lei stessa), nel medesimo mondo a cui appartiene la sua poesia. Ed è per questo che, a dispetto delle nostre opinioni in materia, non riusciamo a distinguere del tutto i suoi versi e la sua vita; tuttavia, paradossalmente, non sono interessanti i suoi versi perché testimoniano la sua vita, ma è la sua vita che è interessante perché testimonia i suoi versi.
Per i miei amici che amano i fumetti, se sapete (e chi non lo sa?) come è morto Andrea Pazienza, riuscite mai a leggere Pompeo senza proiettarvi quello che sarebbe successo di lì a poco?
c’è, nel disco DUE degli Orsi Lucille una versione di Alfonsine y el mar arrangiata da Giaccone e cantat da Lalli che potrebbe anche farmi credere che tu abbia ragione e ricredermi sui poeti. Ma la è che non ho più un piatto per ascoltare vinile e non la trovo in mp3, quindi continuo a pensarla che i poeti e la vita non ci entrano niente. Pazienza si. Ma era un tossico non un poeta.
Peccato, un’occasione mancata per scoprire che non tutti i poeti abitano su Marte.
Ciao. Solo due righe per informare che sto per pubblicare [gennaio 2011] un 2cd con le registrazioni degli Orsi Lucille, tra cui la loro versione di “Alfonsina y el mar”. L’arrangiamento del pezzo è a cura di Miguel Angel Acosta e degli Umami, non di Stefano Giaccone (che in questo pezzo neanche suona o canta). Il 2cd non viene diffuso commercialmente nei negozi: si può richiedere solo alla redazione di A/Rivista Anarchica in cambio di una sottoscrizione. Per informazioni scrivete a me o fate un giro su http://www.arivista.org o sulle pagine web di stella*nera all’indirizzo http://www.anarca-bolo.ch.
Mi impressiona come Andrea Pazienza possa essere liquidato velocemente come “tossico”. E’ un po’ come chiamare De André un “ubriacone” oppure Penny Rimbaud dei Crass un “ladro”. Un’ultima domanda: sei per caso tu quel Daniele Barbieri di Bologna che quasi una ventina di anni fa mi ha mandato delle traduzioni dei Crass?
Grazie della segnalazione.
Però (salvo scherzi di memoria) direi che quel Daniele Barbieri non sono io. Potrebbe essere il mio stimato omonimo che scrive qui.
Ciao
db
Grazie cmq. Ciao.
in realtà volevo solo chiederti se per caso hai mica da prestarmi uno di quei cosi lì, quei piatti che trasformano tracce analogiche in file digitali.
Purtroppo no, però se ti interessa ti posso spedire una versione di Alfonsina y el mar cantata da Mercedes Sosa (mi pare).
trovo buona la traduzione
qui un’otima presentazione della poetessa (dove apprendo che fu di origine svizzera-italiana) di alessio brandolini:
http://www.filidaquilone.it/num013brandolini.html
da quello che si racconta li non sembra che la sua morte abbia una connotazione “ropmantica” e, daltronde la poesia non credo che dia questa impressione.
Una donna coraggiosa e in anticipo sui tempi, considerando che partorisce un bambino senza rivelare il nome del padre, cosa per quei tempi più che audace
ecco come finisce la presentazione
Nel 1935 gli diagnosticano un tumore, viene operata a maggio e le asportano un seno. Inizia le cure per bloccare il male, ma scivola nella depressione.
Nel 1937 si suicida lo scrittore uruguayano Horacio Quiroga e per lei è un durissimo colpo: scrive un poema dove la morte dell’amico è vista come la sua stessa morte.
Nel gennaio 1938 il Ministero dell’Istruzione dell’Uruguay organizza un grande incontro con quelle che vengono considerate le tre poetesse più importanti viventi nel continente americano: Juana de Ibarbourou, Alfonsina Storni e Gabriela Mistral. In passato non era mai accaduto che donne scrittrici godessero di una simile considerazione.
Nel 1938, un mese prima della morte, pubblica l’ultima raccolta poetica, Mascarilla y trébol (Maschera e trifoglio), dove mescola spinte avanguardiste a un recupero di forme metriche tradizionali: la realtà appare accerchiata da immagini oscure, spesso grottesche. Dà alle stampe anche una Antológia Poética, con testi scelti dall’autrice.
Nell’ottobre 1938, all’età di quarantasei anni, Alfonsina Storni, preso atto che la malattia non si arresta e non lascia speranze e che il dolore le impedisce di scrivere, si suicida affogando nel Mar del Plata, davanti la spiaggia La Perla. Nell’albergo dove alloggiava lascia una lettera all’amato figlio Alejandro e la sua ultima poesia, “Voy a dormir”:
Sì, conosco bene la storia della Storni; ma in questa sede non mi sembrava rilevante spiegare le motivazioni del suicidio. (L’unica differenza qui è che – a quanto ne sapevo io – la poesia viene spedita a un giornale, e non ritrovata nella stanza. Ma è un dettaglio di non grande rilievo)
Non intendevo comunque riferirmi a un suicidio “romantico”. Quello che mi importa è che il suicidio è comunque (“romantico” o meno) un gesto tragico, che appartiene al mondo della letteratura. Ed è questo a creare il ponte.
oh si non era mia intenzione sostenere il contrario di quanto affermavi.
In questo caso la morte mi sembra all’altezza della sua vita.
un vita coraggiosa,
se si pensa al contesto storico in cui
è vissuta, alle umili origini della poeta ( a quei tempi “l’emancipazione” era un lusso delle donne ricche)
la canzone credo di averla a casa e vi mandero’ il link
ma intanto ho trovato il testo
noto che il testo utilizza tatina invece di balia
ho provato a immaginare come chiamerei la mia tata o cameriera ma purtroppo non l’ho mai avuta 🙂
l’ultima frase, “sono uscita” è la piu’ giusta
sono andata via come propone brandolini o la traduzione della canzone non m isembrano corrette
utore: Ariel Ramírez
Testo: Felix Luna
Argentina
Scritta alla morte per suicidio della poetessa argentina Alfonsina Storni
Por la blanda arena que lame el mar
su pequeña huella no vuelve más
y un sendero solo de pena y silencio llegó
hasta el agua profunda
y un sendero solo de penas mudas llegó
hasta la espuma.
Sabe Dios que angustia te acompañó
qué dolores viejos calló tu voz
para recostarte arrullada en el canto
de las caracolas marinas
la canción que canta en el fondo oscuro del mar
la caracola.
Te vas Alfonsina con tu soledad
¿qué poemas nuevos fuiste a buscar?
Y una voz antigua de viento y de mar
te requiebra el alma
y la está llevando
y te vas, hacia allá como en sueños,
dormida Alfonsina, vestida de mar.
Cinco sirenitas te llevarán
por caminos de algas y de coral
y fosforecentes caballos marinos harán
una ronda a tu lado.
Y los habitantes del agua van a jugar
pronto a tu lado.
Bájame la lámpara un poco más
déjame que duerma, nodriza en paz
y si llama él no le digas que estoy,
dile que Alfonsina no vuelve.
y si llama él no le digas nunca que estoy,
di que me he ido.
Te vas Alfonsina con tu soledad
¿qué poemas nuevos fuiste a buscar?
Y una voz antigua de viento y de mar
te requiebra el alma
y la está llevando
y te vas, hacia allá como en sueños,
dormida Alfonsina, vestida de mar.
Per la soffice sabbia lambita dal mare
la sua piccola orma non torna mai
e un sentiero solitario di pena e silenzio è giunto
sino all’acqua profonda
e un sentiero solitario di muta pena è giunto
sino alla spuma.
Dio sa quale angustia ti ha accompagnata
che antico dolore ha spento la tua voce
per addormentarti cullata dal canto
delle conchiglie marine
la canzone che canta nel profondo oscuro mare
la conchiglia.
Te ne vai Alfonsina con la tua solitudine
quali nuove poesie sei andata a cercare?
E una voce antica di vento e di mare
ti lacera l’anima
e la sta portando via
e tu fin là vai, come in sogno
Alfonsina dormiente, vestita di mare.
Cinque sirene ti condurranno
lungo il cammino di alghe e coralli
e fosforescenti cavallucci marini faranno
una ronda al tuo lato.
E gli abitanti dell’acqua verranno a giocare
subito al tuo fianco.
Abbassami un po’ di più la luce
lasciami dormire in pace, tatina mia
e se chiama non dirgli che ci sono,
digli che Alfonsina non torna,
e se chiama non dirgli mai che ci sono,
digli che sono andata via.
Te ne vai Alfonsina con la tua solitudine
quali nuove poesie sei andata a cercare?
E una voce antica di vento e di mare
ti lacera l’anima
e la sta portando via
e tu vai, fin là, come in sogno
Alfonsina addormentata, vestita di mare.
Sulle traduzioni:
“Tatina” per “nodriza” mi sembra troppo familiare. C’è in spagnolo ,il corrispondente familiare di “nodriza” che è, come in italiano, “tata”, ma la Storni non l’ha usato.
“Sono andata via” è invece la traduzione non del “he salido” della poesia, ma del “me he ido” della canzone.
La poesia è migliore della canzone, secondo me, in generale; però capisco bene che alcune scelte della canzone sono state fatte per ragioni che erano specifiche della canzone (anche metriche, magari) e non della poesia. Non è una traduzione della poesia in canzone; è semplicemente una canzone sulla morte di Alfonsina che qua e là si ispira a questi versi.
hai ragione scusa non avevo notato la deifferenza nel testo della canzone
in ogni caso ho notato che brandolini traduce con
“”e se chiama non dirgli che ci sono
digli che Alfonsina non torna.””””
e non trovo felice questa traduzione
il senso della frase he salido
è di chi non c’e’ momentaneamente perche’ è uscito per l’appunto
e non perchè se ne è andato (he ido oppure me fui)
io purtroppo non so niente di metrica e non so nemmen ocome impare qualcosa al riguardo
a partre leggere i tuoi post che trovo molto istruttivi
chiedo scusa
ho sbagliato la citazione
ecco quella giusta
…) Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, sono andata.
insomma lei non è andata via (melodrammatico)
è solo uscita
la canzone nella versione di mercedes sosa e pablo milanes
http://www.goear.com/listen/9aba664/alfonsina-y-el-mar-mercedes-sosa-y-pablo-milanes
[…] di questa poesia di Alfonsina Storni non sono io. Però forse è stata anche la coincidenza dell’essermi provato da poco a tradurre dei versi di questa grande argentina che mi ha spinto ad assistere alla presentazione (a […]