Su Lo Spazio Bianco, Marco D’Angelo ci ricorda che quest’anno ricorrono i 70 anni dalla nascita di The Spirit. Lo fa scegliendo il tema della maschera, quell’orpello ridicolo che Eisner mette sul viso del suo personaggio perché in qualche modo gli viene imposto – ma poi, come ci spiega bene D’Angelo, diventa il simbolo stesso della natura grottesca delle storie di The Spirit.
Settant’anni sono tanti e sono pochi. Io scoprii The Spirit sulle pagine di Eureka, verso la fine degli anni Sessanta, mi pare, o poco dopo – intorno ai suoi trent’anni, insomma. Essendo io molto giovane, molto più giovane di lui, mi pareva che provenisse davvero da un’altra epoca; ed era così differente da tutto quello che si pubblicava in quegli anni a fumetti in Italia, che pareva che provenisse anche da un altro mondo. Eisner non produceva più fumetti da quasi vent’anni, e non avrebbe ripreso per ancora quindici. Nella mia ignoranza, io pensavo che fosse morto, o vecchissimo.
The Spirit dichiarava la sua alterità in tutto. Fumetto di un’altra epoca e di un altro mondo, era però stupefacente per la sua originalità anche rispetto a quel poco che sapevo della sua epoca e del suo mondo. Io, come tutti, credo, ero innamorato dei suoi frontespizi. Ancora venti anni dopo, ne I linguaggi del fumetto, ne ho fatti riprodurre parecchi, perché la fascinazione di quei frontespizi non era (non è) diminuita.
Il secondo Eisner, quello delle graphic novel, ci ha mostrato un altro mondo ancora, più maturo, più colto – ma forse un pelino più retorico. The Spirit colpiva, appassionava, divertiva anche chi – come me – non conosceva il mondo degli eroi pulp che erano il suo obbiettivo sarcastico diretto.
Questo è interessante: un fumetto (o un qualsiasi tipo di racconto, letterario, cinematografico…) che nasce come parodia di un genere, ma che riesce a colpire anche chi non conosce quel genere! Certo, in seguito, conoscendolo, e conoscendolo sempre di più, The Spirit diventava forse ancora più godibile; ma l’inprinting c’era già stato.
Diciamo che, forse, senza quelle storie di Eisner pubblicate nella rivista di Luciano Secchi, avrei avuto meno motivi per appassionarmi ai fumetti. Magari mi sarei occupato d’altro. Magari oggi terrei un blog di astrofisica o di gastronomia, che avrebbe 10 lettori, o magari 10.000. E magari è stato così come per me anche per tanti altri…
Ci sono delle bancarelle, o almeno c’erano, a poca distanza alla Stazione Termini di Roma, dove andavo a caccia di fumetti da ragazzino (1987,1988), dopo aver attraversato mezza città.
Ho scoperto Spirit su quelle bancarelle, grazie alle ristampe di Comic Art…
Chissà se altre generazioni dopo le nostre continueranno ad amare il personaggio.
Conosco bene quelle bancarelle. Sono per me la sala d’attesa ogni volta che riparto da Termini e ho un po’ di tempo.
Quanto al futuro di The Spirit, presumibilmente dipenderà dalle ristampe – così come per me fu tramite Eureka e per te tramite Comic Art.
Credo che possiamo comunque essere ottimisti in merito.