In un bel post del suo bel blog, Thierry Groensteen celebra Guy Peellaert, autore, nel 1966 e 1968 di due albi che appartengono alla storia del fumetto della migliore qualità, gli unici che abbiano davvero portato nel fumetto l’universo dell’immagine psichedelica.
Alla fine del post Groensteen scrive:
Si può rimpiangere che questo stile sia rimasto senza un vero seguito. Dino Buzzati ne trae ispirazione per il suo Poema a fumetti. In Spagna, Eric Sió tenta una sintesi tra pop e realismo fotografico. Touïs (Le Sergent Laterreur) inventa il cartoon psichedelico. Al di là di questi sforzi sparsi, nulla o quasi. Il solo erede lontano di Peellaert al quale io riesca a pensare è Alex Varenne, in alcune delle sue composizioni erotiche.
Adesso che Groensteen l’ha detto, mi domando come ho fatto a non vederlo prima. Peellaert pubblica Jodelle nel 1966 e Pravda nel 1968; Buzzati lavora al Poema a fumetti nel 1968 per pubblicarlo poi nel 1969. Aveva certamente visto Jodelle, e probabilmente anche Pravda.
Sicuramente, quello stile fatto di linee semplici e forti e di forti contrasti era già congeniale a Buzzati ancora prima di incrociare Peellaert, come si può vedere dai suoi dipinti; ma non c’è solo quello a tradire l’ispirazione peellaertiana. L’erotismo ostentato e parodiato dei fumetti di Peellaert viene fuori tutto nel Poema a fumetti, in chiave più melanconica e meno dirompente – ma con la stessa carica provocatoria per la cultura bigotta di quegli anni.
Certo Buzzati non aveva la mano di Peellaert, e il suo viaggio nel fumetto era più da appassionato che da professionista. La sua ispirazione era più classica, indubbiamente. Ma Buzzati ci vedeva bene, e capiva dove prendere quello che gli serviva facendone l’uso migliore per i propri scopi.
Non voglio fare altri commenti. Penso che le immagini bastino.
Amo il capolavoro di Dino Buzzati – poema a fumetti