Barbieri riesce in una scrittura che inseguo da tempo, una scrittura che possa liberarsi di alcune vecchie dicotomie. Nei testi di Distonia essa trova il suo modo per affrancarsi dall’ossessione per la realtà e la comprensibilità senza diventare oscura. Tratta il materiale verbale con cura dell’andamento metrico e strofico (appena nascosto nel verso lungo, ma ritmicamente evidente) eppure evita la concettosità. Dice dalla condizione dell’osservatore lirico riuscendo a darcene conto in un acquerello astratto, dove l’acqua sta forse per il noto liquido baumaniano, forse per i regimi turbolenti della coscienza. La poesia di Barbieri, che gioca con la mancata possibilità di additarne l’oggetto, o con la presunzione delle ‘cose in sé’ di costruire un mondo, ha la capacità di essere calda e astratta allo stesso tempo. Va ragionando della condizione instabile, opaca, inefficiente dell’identità nell’anonimità fitta e rumorosa del contemporaneo, ed è insieme intima, immersiva senza essere personale. (rm)
Così scrive Renata Morresi su Nazione Indiana, qui.
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